SCOTT GIBSON (Just Keep Drivin’)
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  Recensione del  01/06/2011
    

Lungo il giro del texano Scott Gibson, è durato ben sette anni. Tempo di una sosta, breve, a ben vedere la cover del nuovo disco, il terzo, Just Keep Drivin’. Come nella sublimazione di ciò che ci sta intorno e che tuttavia sfugge, svicola, scappa, ma almeno Scott si è fermato a pensare, riflettere, misurare la propria vita allo scopo di incidere un nuovo disco. Una promessa nel mercato cantautorale texano - accostato a Robert Earl Keen e Guy Clark- dopo la pubblicazione dello splendido Live Session – July 17th, 2000 (ripreso in gran parte nel successivo Make Ready, di tre anni più vecchio), Scott Gibson –nato e cresciuto a Waco- si è dileguato, inabissato nel cubo oscuro e anonimo di chissà quali ragioni, ma sempre in grado di sapersi andare a ritrovare in quel festival di affetti che è l’esibizione live texana.
Il rischio della perdita di sé era dietro l’angolo, preoccupante perché speculare a quello della perdita dentro di sé -ancor peggiore-, ma in Just Keep Drivin’ -title track compresa- si possono ancora cogliere gli sviluppi di quel giovane songwriter che sulla strada, dopo miglia e miglia, ha ritrovato la voglia di scrivere musica e a sentire la splendida Bigger Than Dallas le strade del Texas sanno come restituire sensazione di totale leggerezza: la steel e una melodia che lascia liberi, perché è libera questa ballad capace di crescere senza acqua e senza nutrimento artificiale.
In pieno deserto. Una gioiello! Miscela dell’ottimo country malinconico tutto steel, mandolino e soprattutto violino, quello di Hadyn Vitera in Save All Your Dances (il resto della band annovera un tocco di famiglia, alle voci di Marie e Jody Gibson e la pedal steel di Geoff Queen protagonista di un’altra splendida ballad, Life Is A Load Of Whites, rootsy e polverosa) ma anche del viscerale e cupo rock in Gotta Good Thing, ben oliato in Holy Hallelujah e Hey June, in una sorta di movimento certo poco omogeneo e univoco rispetto agli esordi, ma c’è il bisogno per Scott Gibson di dividere Just Keep Drivin’ in nuove prospettive, stratificarlo all’interno di storie personali, con una molteplicità di stili lanciati senza dimenticare la base acustica, quella dove continuare ad esprimere la propria poetica, come nella toccante Stinkin' Sinkin' Feelin'.
Sa ritagliarsi spazi leggeri, il maestro è Randy Weeks, se la cava con la giusta ironia –tutta texana- in Pop Quiz e in All The Time Valentine, ripesca la meravigliosa Let's Let Love per donarle nuova luce con la slide e sa chiudere con la ruspante coralità della raggiante Sing Praise. Just Keep Drivin’ per ritrovare la retta via e la salvezza dell’anima.