OWEN TEMPLE (Right Here and Now)
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  Recensione del  26/02/2004
    

Dopo due album, l'ottimo General Store ('97) ed il discreto Passing Through ('99), il texano Owen Temple, uno dei leader del new country breed del Lone Star State, abbandona la cura Lloyd Maines per un suono più rock oriented. Rimane la timbrica country che è il suo marchio di fabbrica, ma il suono è più cantautorale. Sulla scia di Jimmy Buffett, Temple cambia abito grazie all'aiuto di Phil Madeira ed allo staff di Greg Trooper. Un cambiamento dovuto per non cadere in un cliché già sentito e per dare nuovi impulsi alla propria musica: Passing Through aveva mostrato una certa stanchezza di fondo.
Temple cerca di incarnare la figura del moderno cantautore, spingendo il pedale sul ritmo e componendg canzoni che tentano di abbandonare le sue primarie influenze. Sintomatica in questo senso è la ballata, sospesa tra rock e country, Burning Too Hot To Last, che conferma una buona vena compositiva ed un modo di cantare diretto. Indubbiamente la generazione di Temple, la migliore che il Texas ha prodotto da molti anni a questa parte, è nata sotto l'egida di Lloyd Maines (come dimostrano i dischi di Cory Morrow, Dub Miller, Pat Green, Roger Creager etc) ma, proprio per questo fatto, rischia di mostrare la corda: ecco quindi l'esigenza di Temple di cambiare registro alla propria musica. Va quindi a Nashville a lavorare con Phil Madeira ed il risultato gli da ragione.
Right Here and Now è un buon disco che si giova di strumentisti di valore come lo stesso Madeira, Greg Trooper, ma anche Fats Kaplin, Ben Robertson, Al Perkins, Kenny Meeks, Dennis Holt. Il centro motore è Phil Madeira, arrangiatore raffinato e cesellatore di suoni, che non ha mutato radicalmente il suono di Temple ma gli ha dato input rock maggiore e lo ha fatto uscire da un cliché che, a lungo andare, poteva risultare anche imbarazzante. Dodici canzoni, dodici composizioni con violino e steel in bella evidenza, ma anche piano, fisarmonica e tutta la strumentazione tipica degli arrangiamenti di Madeira. Il resto è tutto nella voce e nelle composizioni di Owen, moderno storyteller, texano che porta la sua musica in un ambiente diverso e la apre a suoni e stimoli innovativi. La ballata diventa scorrevole, le liriche e la musica si fondono con una fluidità narrativa, come dimostra la bella No Daring Is Fatal.
Temple affronta anche il country blues, con Move Around Money, che gioca le sue carte su un bel lavoro di steel guitar, e This Ain't Las Vegas, venata di rock: il risultato è piacevole, tanto da risultare convincente. Ma sono le ballate narrative, dove il racconto scorre nella musica, il punto di forza dell'autore. Accidentally Break My Heart fonde rock e country in modo semplice ma con un risultato decisamente positivo: la fisa accarezza la voce del leader mentre la melodia scorre diretta e godibile. Burning Too Hot To Last è un rockin' country texano sino al midollo, chitarra con nerbo, sezione ritmica dura, e la voce che scivola sulla melodia, innaffiata generosamente dalla steel guitar.
La nostalgica Little Sweet Loss è una canzone malinconica in cui il violino ha una parte importante. For 0ld Times' Sake è puro Texan sound, ma è già sentita. Decisamente meglio Before The Night Becomes the Dawn che mischia lo stile cantautorale di Owen con una performance di grande spessore e si segnala come la miglior del lavoro. Il disco arriva alla fine con una serie di composizioni gradevoli, ben strutturate. Trouble With You richiama il Jimmy Buffett anni settanta, The Madder You Are, tra le più belle dell'album scorre via in un baleno, Faith Without Works, semplice e veloce, con la slide ed un feeling bluegrass nel fondo, e That's Not Something I Could Do, malinconica, lenta, suggestiva. C'è da dire che, dopo essersi sposato due anni fa, Temple aveva deciso di abbandonare la musica e di fare un altro lavoro. Ma poi ci ha ripensato e noi gliene siamo grati.