Il debutto del chitarrista
Jimi Barbiani (suonava coi friulani WIND) e del vocalist J.C. Cinel (ex Wicked Minds), rappresenta l’altra faccia di un’Italia che ama il rock ‘n’ roll e per questo è solita remare controvento e con bracciate interstardite per difendersi dal melenso pop radiofonico che regna nel Belpaese. La
Jimi Barbiani Band (include il veterano batterista Elvis Fior e Daniele Vicario al basso) mitraglia l’ascoltatore nelle orecchie con dense scariche elettriche anni 70’ sin dall’avvio di una vibrante
I Feel So Lonely, e lo fanno talmente bene che basta la splendida
I Got The Devilin a ri-accenderne la coscienza ‘rock’, quel tanto per dargli l’occasione di agitarsi ancora sulla sedia.
Le chitarre di Jimi nella deliziosa
Good Time Man inquadrano gli ‘Stones’ -allo stesso modo dei ‘Corvi’- come se avessero trovato anche loro una porta nello spazio sotterraneo senza uscita in cui è relegato il rock, peccato che fatichino a tenerla spalancata fino alla fine, ma hanno anche modo di non imporre uno schema consolidato (
Party Angel, comunque sempre piacevole) ad esempio con
Streets of Love, una rootsy-blues elettro-acustico trascinante, e rivedendo 2 cover illustri a modo loro, e ben fatte:
Superstitions di Stevie Wonder e
Sure Got Cold After The Rain Fell dei ZZ Top.
Back on Tracks perde un po’ di freschezza nella ballata
Weeping Sky (tenuta viva solo dalle corde di Jimi) e quando scivola nel classico tempo melodico dell’hard rock di
You Don't Know, nella strumentale di
Good Morning o nella ballata
The Day Of The Witch.
Pur non apprezzandolo, merita una sorta di "onore delle armi" perché nel complesso è un disco ‘italiano’ non preconfezionato, predigerito, ed almeno si butta. La
Jimi Barbiani Band testimonia che il rock può ancora dire qualcosa. Non l'avranno detto proprio bene, ma a noi resta la voglia di starlo ad ascoltare.