WINK KEZIAH (Hard Times)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  14/03/2010
    

Wink Kexiah senza band al seguito, i Deluxe Motel, per il primo disco solista si sposta a Los Angeles a cercare da lontano il modo migliore per esplorare l’intero territorio della roots music, ma anche per riunire musicisti di esperienza sotto la guida in produzione di Mark Stuart (leader della Austin band dei Bastard Sons, una volta ‘figli di Cash’) su cui può sempre contare – come per il primo disco, Working Songs for the Drinking Class.
Hard Times è il disco che non ti aspetti, il classico outsider che trova canzoni e melodie dopo tanti anni di sacrifici, da un buon chitarrista che aveva fatto fortuna nel business della cosmetica, ma dopo un secondo divorzio cambia vita e inizia a scrivere musica. Dalla California con la ruspante Sometimes You Win inizia ad incamminarsi verso il Texas, dove dal 2008 suona praticamente tutti i giorni: l’andamento è da roots-rocker stradaiolo, in una sorta di road movie sulle strade del Lone Star State (progressione, movimento, trasformazione) dalla città degli angeli con un vento texano che spazza via ogni dubbio.
Wink Keziah parlando del momento non certo felice dell’economia ed in parte dello stato dell’industria musicale, scivola con disinvoltura su una sorta di crinale sospeso e aleggiante tra luce e ombre di brillanti ballads come Lost Highway e la splendida San Antonio, tra l’incertezza e la quiete della convincente Running Away From My Life, tra la brevità dei giorni e il respiro delle illusioni di Where You Comin' From ("I seen lots of people chasing foolish dreams... All my life I was told what I should do").
Aggiunge un tocco di spiritualità texana nella deliziosa Sweet Jesus, nascosta nella steel di Hands of God, condita da sano country danzerino nelle spumeggianti Country Comes To Town, Honky Tonk Rendezvous e dell’autobiografica Chain Link Fence, un gran bel violino affianca la slide mentre canta di una giovinezza molto turbolenta, nel ricordo del padre e del nonno legati da eventi violenti.
I 6 minuti della radiosa conclusione di Red Wine bruciano le scorie restanti, i filamenti di un lungo viaggio con un ultimo tocco di lirismo e chitarre, sempre figli del Lone Star State.