Questo songwriter dell’Indiana ha realizzato due dischi (l’acustico esordio, voce e armonica di
In from the Wilderness nel 2005 e il convincente
Someone Take the Wheel del 2008) ma la stampa americana o la critica musicale alternativa non li ha ritenuti degni di uno straccio di recensione. Ingiustamente, perché
Come on Sundown dimostra che
Wade Lashley è l’unico a uscire a testicoli alti, in poche parole, un altro gran disco.
Ha dalla sua quella bontà agreste che esprime sin dall’iniziale bagliore di
Virginia Take Your Leave dove le allusioni si fanno strada come il roots, un songwriter che opera su una distanza lunga e, al tempo stesso, breve, consapevole di uno stile legato alle radici dell’alt. country di cui si sente il bisogno di rivivere nei valori primari, tra una slide facilmente infiammabile - come nella splendida
Hands of Time-, nel mandolino della spensierata
Mountain Moonlight Song, con l’aggiunta di una carezzevole armonica nella brillante
The Reason Why.
Tutto diventa metodo, implica fraseggi convenzionali, forse prevedibili ma contemporaneamente avvincenti, comunque di sicuro impatto, ascoltare la scura
Cross the Wire, quel solo centrale, lì Lashley dimostra di saper gestire i tempi della rock ballad, di avere il senso della melodia senza smarrire il calore dell’ispirazione, né la chiarezza delle liriche -altro punto forte della sua discografia.
Non solo butta ami appetibili per l’ascoltatore, ma vuole realmente ‘dire qualcosa’, dalla ridente
Too Far Gone a
Determined Man, all’armonica disillusa dei due volti di una perla come
Ricochet, genera ballate e storie, o meglio, linee autoriali che riscattano l’apparante inerzia sfruttando la melodia e la steel, come nel finale dalla title-track a
Wings To Fly.
Come On Sundown è la dimostrazione che evitare compromessi o il modo di farsi intrappolare dal formato produttivo più ampio, paga ancora in qualità. Ora all’ascoltatore tocca ricambiare, ed aiutare
Wade Lashley comprando questo disco!