L’importante per
Brian Keane è il naturale fluire delle cose attorno alla musica, del suo movimento -dalla piccola cittadina di Seneca, South Carolina, e delle sue soste –in cui scrivere un’interessante album d’esordio,
I Ain’t Even Lonely, all’unisono con il ritmo, ora pacato ora incalzante, figlio del progetto della
The Band of Heathens nel 2006 con il successo di
Live at Momo’s, lasciato dopo un’anno per concentrarsi sulla carriera solista. Il sodalizio con la band resiste ancora, e col tempo le collaborazioni sono aumentate (nel 2009 col songwriter
Hayes Carll ha scritto il brano
She Left Me for Jesus, alle ultime apparizioni in compagnia dell’amico
Randy Rogers, una in particolare, allo show di Jay Leno).
Il tutto a rincuorare slittamenti progressivi tra stili diversi - la base è l’americana, poi c’è rock e new country- ma con una certa ansia quando è stato il momento di ritornare in uno studio di registrazione, per un disco che ha subito una lunga gestazione, anche problematica: “
I went through a pretty difficult breakup when I wrote my first record” dice keane, “
and I was starting to think that I couldn’t write anything without going through some kind of emotional trauma.” Ma alla fine per
90 Miles an Hour, è bastato solo concentrarsi sulle vere emozioni, sui capricci dell’imponderabile destino, sulle intermittenze del cuore, ma anche con quella ironia texana, da barroom dove trova un inizio muscolare e stradaiolo, la slide si aggancia al sole texano che mostra di colpo la sua faccia più selvaggia nella deliziosa
Spinning Wheels, su strade dove il ricordo non scava né affonda, ma galleggia in superficie, quasi sonnacchioso nella title-track e nell’intensa dolcezza di
Forbidden, che portano in compagnia di Adam Hood a felici escursioni radiofoniche col contagioso brio di
I'll Sing About Mine (The Tractor Song).
Bravo a interpretare il sano country agreste, roboante in
Living is Killing Me ma anche quando calca di meno sulla slide, solo con whiskey, sentimenti e dancehall in
Two Of You, ne si apprezza quella sospesa svagatezza con slegata leggiadria che sfuma in ballate splendide,
Learning To Fall e la conclusiva
No One Left To Bother Me, o in
Everything Is Broken e
I Wish You The Best ma più dalla parte del new country. In
90 Miles An Hour si assiste ad una vera e propria prassi autoriale capace di portare
Brian Keane verso l’adesione a nuove soluzioni capaci di rivelare anche una certa raffinatezza melodica. Un ulteriore passo in avanti.