Suona da una ventina di anni, dal 2004 assiduo frequentatore di blues festival ma per l’esordio del 2009 ha scelto la campagna isolata della South Carolina poi omaggiata nel titolo,
Awendaw, un disco acustico nel tradizionale mississippi delta. A distanza di due anni,
Jeff Norwood conserva quella dignità da folksinger ma si va a situare con
Push Pilin’ in un terreno mediano, sempre frequentato dal blues ma come aggiunge Jeff: "
Push pilin' is what you call when you go out there late at night and grow something that might not be legal so a country boy who ain't got no farm no more can get by".
Lo canta nella torbida title-track e senza temere salti e buchi neri, riesce a trasmetterci qua e là, spesso proprio negli interstizi delle sue chitarre, qualche frammento di una personalissima e indispensabile cognizione dell’anima legata al blues.
Si compenetrano, risuonano in altri 5-6 minuti strascicati, dalla splendida
Down Deep a
Blue Becomes Electric, in isole nel mare in tempesta,
Invisible Man e
Hard to Love, dove
Jeff Norwood sa imporre lirismo e ha tutta la voglia di superare la narcotizzante uniformità del quotidiano. Anche il pastoso delta acustico di
Hard Time Hustle e
Money Blessing, sono comunque l’onda di un ‘sentimento’, messaggi tatuati nella carne in un paio di blues accattivanti come
King of the Jungle e soprattutto dalla iconografia del diavolo che couagula in
Forever, esplode in
God Damn South Carolina e corre a distribuirsi e incanalarsi nella poetica bellezza della conclusiva
One Drink.
Una curiosa consistenza spettrale a dispetto di una terrena matericità insita nel convincente delta blues di
Jeff Norwood.