ONLY SONS (American Stranger)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  03/04/2011
    

It is time to decide what you will be; it is time to define yourself. Choose and move ahead accordingly”, ebbene il tanto celebrato cambiamento nelle parole dei The Only Sons trova in American Stranger nuovi congegni melodici quasi perfetti e una certa stravaganza antiromantica al country che aveva segnato i dischi precedenti (2008, Young Lungs e nel 2009, Steel Hearts), perché non è solo più musica per divertimento, si inizia a mettere sullo stesso piano chitarre e lirismo fin dall’apertura deliziosa di Cutting Corners.
Un disco in cui si avverte una maggiore aderenza al peso della realtà per come cresce e si sviluppa nelle canzoni di American Stranger: “Thematically, that struggle for self-definition permeates every track of the record. Each grapples with the powerfully influential forces that so define our pasts and presents —family, religion, love— and considers how we apply them to our uncertain futures. It is a fight we all fight; probably it never stops”, così chiusi in una chiesa utilizzata come studio di registrazione, eccoli ad assemblare senza troppo badare ai collegamenti tra alt. Country e rock, brani sciolti, liberi di creare da soli un senso da Put Up A Fight alle incantevoli Warning You e Just My Luck ora in strada, ora tra quattro mura, ora nel giardino dell’Eden come nella splendida rock ballad di Temptation o tra i diavoli della gagliarda The Devil Does.
I The Only Sons guidano con mano ferma, percorrono sentieri già battuti ma lo fanno con rigore e stile sicuro, pura malinconia country in’altra ballatona ellettrica brillante come Standing Water e non si avverte mai il sospetto che la ricetta di American Stranger possa contenere zuccherini radiofonici, sentire la granitica Gone Down Swinging, l’armonica bluesy di Written Word ma anche Hurt Someone e Death Bed, rockacci country pepati e danzerini. Insomma tra le tante band che ‘cercano’, i The Only Sons è una di quelle che molto semplicemente ‘trova’ canzoni e disco, che ha bersagli più alti come nella conclusiva More Like You, ma ha il merito di trattenersi di non spingersi troppo oltre. E va bene così.