LUCINDA WILLIAMS (Blessed)
Discografia border=Pelle

             

  

  Recensione del  02/04/2011


    

Sin dal capolavoro di Car Wheels on an Gravel Road del 1998, Lucinda Williams ha dimostrato di avere una non comune capacità nel traghettarsi tra stili diversi -country, il rock e il blues- in compagnia di temi forti come l’alienazione, l’introspezione, l’amore e la vita di tutti i giorni, da un disco all’altro tra gli alti e bassi della felicità, ma arrivando a quota 10, con Blessed, ha aggiunto qualcosa: “It’s more difficult for me to step outside of myself and write about other people. That was a big challenge. For me, it’s very satisfying because I’m finally doing something I’ve been wanting to do."
All’età di 58 anni e dopo il matrimonio con il suo nuovo manager Tom Overby, Lucinda Williams scrive il disco più personale, più profondo, 12 ballate meravigliose, voce e chitarra che dal tavolo della cucina (versione deluxe) trovano l’elettrico, il modo migliore per bilanciare cuori feriti e asciugati che all’improvviso tornano a battere, come un termometro cromatico, dal grigio di ballate strappacuori come la candida Sweet Love -non ha bisogno di tanti abbellimenti, limpida e sensuale-, si passa a scale più dense e scintillanti come in Convince Me e nelle chitarre di Awakening, tra le mani anche stavolta di Elvis Costello (con cui aveva duettato nel precedente Little Honey). Buttercup descritta come ‘the only bad boy song’ dell’album apre Blessed, torna al rock, aggiunge un secondo chitarrista alla band -sempre californiano-, e seppur l’istantanea potente cambia traiettoria in I Don't Know How You're Livin', la ballata mantiene quella tensione elettrica capace di irradiare le parole di Lucinda sull’aperto del mondo reale, come nella splendide Ugly Truth e una Copenhagen dove apprende la perdita del suo ultimo manager Frank Callari, un istante descritto attraverso una bellissima metafora di una palla di neve che le colpisce il viso, col ghiaccio che va a mischiarsi alle lacrime.
You weren’t born/ To be abandoned/ You weren’t born/ To be forsaken/ You were born/ To be loved", canta nell’incantevole Born To Be Loved, l’amore irraggia tutto Blessed e ne abbacina dissolvenze, passaggi onirici relegati a tastiere e chitarre, con opportuni sfoghi violenti come quando parla del suicidio del songwriter Vic Chesnutt in Seeing Black, con un solo finale di Costello da incorniciare. ‘Il dolore è un ottimo maestro’, così parlava Stanley Kubrick di Fear and Desire, film d’esordio scritto, prodotto e deplorato, su quel tema della guerra che Lucinda analizza con la stessa schiettezza in altre due intense ballads, una perla la title-track ma anche Soldier Song non è da meno nel modo di equiparare scene di guerra e la vita casalinga della famiglia di un soldato. Resta Costello ad aspettarla in chiusura, per la dolce Kiss Like your Kiss, a rafforzare il fulcro delle meravigliose melodie di Lucinda Williams. Il Cuore di Blessed.