JASON ISBELL AND THE 400 UNIT (Here We Rest)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  02/04/2011
    

Secondo disco insieme alla The 400 Unit, terzo per Jason Isbell (ma è un periodo particolarmente ricco di collaborazioni, tra le tante ha suonato nell’album di Justin Townes Earle) Here We Rest non può che vivere in Alabama, nelle zone del Nord dove è molto forte la depressione di una realtà in crisi – e non solo economica- e l’anima del country ("When you come from Alabama, that country soul music is in the water. I've always loved it and been proud of it. If I was going to create an album that gave listeners a sense of the place, I felt it was important to let the songs go there if they wanted to").
Jason Isbell ci mette tutto se stesso in Here We Rest, un disco che non soffre di una mancanza di limiti –rock, country, folk/roots-, lascia le tracce libere di cercare di dare un ordine all’ascoltatore sin dall’intro acustico e violino della malinconica Alabama Pines, alla ricerca di se stessi, e tra le mille insidie della vita Here We Rest scorre sciolto e piacevole, caldo, avvolgente come il violino di Codeine e persuasivo con le elettriche Go It Alone, Stopping By e We've Met, con un fondo di pessimismo ‘southern’ che Jason Isbell si porta con sé dai tempi dei ‘Truckers’.
Lo trova sotto casa ("Being able to sit on my stool at D.P.'s, a bar in the building I live in, talk to my friends, and hear the problems that they have helped inform some of these songs"), tra giochi di chitarra per balletti di anime (Daisy Mae) che si incontrano e trovano il momento di vivere nel ricordo, splendida la ballad di Save It For Sunday, cresce intorno alle storie di bar, di uomini e donne in continua disarmonia, trovando su di uno sgabello quel sollievo che nemmeno in chiesa si riesce ad ottenere. Brani che mirano a conseguire una loro grumosa densità ‘poetica’ e talora la ottengono con tale naturalezza, come nella conclusiva Tour Of Duty, nel senso patriottico per un soldato che torna a casa dalla Guerra alla ricerca di una civilizzazione che sembra più dura dello stare al fronte.
Anche se con alcuni strappi e frammenti, a volte privi della necessaria fluidità (Never Could Believe molto più di Heart On A String) con un suono meno ‘forte’ del precedente lavoro, la vena malinconica di Here We Rest miscelata con la qualità delle liriche, mantengono per intero la forza di Jason Isbell & The 400 Unit.