Acerbo, poco personale nel periodo con i
The Texas Wettnex (hanno inciso un solo disco nel 2006 –
Leaning In),
Michael Wren dopo quattro anni ha deciso di provare a difendere la propria dignità artistica di songwriter credibile e soprattutto in linea con la tradizione texana, dando alle stampe l’esordio,
Rien Vrainment, un disco sospeso tra l’autopromozione e la ricerca, ma può contare sul piacere garantito da nove brani oscillanti tra roots e folk, con un’armonica dal sapore bluesy.
Ballate elettro-acustiche dominate dalla steel, luminose e piene di dolcezza sin da
Knock Knock, malinconiche anche quando sono immerse nel mandolino e nel violino come in
Full Moon, con quel taglio roots nella splendida
Top of the Hill, tanto che lo si può accostare all’amico
Mike Ethan Messick, perché se lo si osserva, per così dire, in controluce, ecco apparire gli affascinanti segni che appartengono ad entrambi, in modo inequivocabile, quelli di una poetica di provincia ‘made in texas’.
A tratti dura, con i suoi stati di grazia in
Easy to Leave, di una durezza forte delle propria fragilità e avara di perifrasi quando imbraccia solo la chitarra nei 6 minuti di
Tin Man Blues, temprata dal roots, dall’ironia e dall’alcol quando decide di farsi strada nel caotico deserto di valori ove s’essicca la contemporaneità tra
$5 Rabbit,
The Gay Song e la deliziosa
All the Beer. La live song
The Garden chiude
Rien Vrainment, un disco dove pulsa la magia di una provincia che si lascia performare dallo stile di
Michael Wren.