Sebbene lontano da uno studio di registrazione,
Hey Nashvegas risale al 2004 e con un album di cover nel 2006,
Jesse Dayton ha continuato a fare musica (partecipazioni a dischi di amici, soundtracks e duetti come nel caso di Brennen Leigh) e soprattutto ad esibirsi al mitico
Broken Spoke: “
People in Austin have a connoisseurship for country music the way New Yorkers have a connoisseurship for theater and musicals. And so after playing the Broken Spoke, I was like, we need to do something that’s got that dance hall feel, because it’s kinda been forgotten”. Dance halls dove
Jesse Dayton prende vita, la figura acquista forma, l’ombra diventa colore –quelli del Lone Star State- e il moto cresce sotto una calda mistura di rockabilly, honky-tonk, cajun, western swing e country verace.
Mai titolo più azzeccato per ritornare ad incidere un nuovo disco,
One for the Dance Halls: partenza spigliata con la title-track e la spumeggiante
Camden Town, una band in palla con Warren Hood al violino, Nat Flemming alla pedal steel e l’armonica di Mickey Raphael –arma in più per
The Years. Poi la voce, sempre più profonda che tende ad avvicinarsi a Dale Watson, ad esempio nel duetto con Brennan Leigh nella deliziosa
Back To Back più che in
Falling Apart, e le idee chiare: “
Country music to me is working class rural American folk music. If it’s not working class, and if it’s not rural, and if it’s not dealing with real folk kinds of topics, then it’s not really country music. To me, at least.” Genuina country music, con piano e la steel che si rincorrono in
Lately I've Let Things Slide e nell’ottimistica ballatona di
Pretty Girls Make the World Go `Round, si competrano a vicenda e poi scompaiono per lasciare spazio alla poesia in
The Bad 'Ol Days e soprattutto in un brano splendido come
The Good Times Are Now.
Con lo swing sfrenato di
Texas Bound le tavole illustrative di
One for the Dance halls si completano, e non tradiscono il senso di quello che avrebbero dovuto rappresentare per
Jesse Dayton, ‘one for the dance halls'!