DRIFTIN' OUTLAW BAND (Texas Outlaw Country. Vol 1)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  31/01/2011
    

Songs about Texas, drinking and gunfights’. Aggiungete il fascino del Far West, di quelle vite fuori dalle regole e dalle leggi della comunità, vite di predatori che non devono chiedere mai, ma solo prendere, e prendere, che non ha obbligazioni morali di sorta verso chicchessia e tantomeno verso la civiltà e la comunità che popolano quelle lande desolate, ed avrete un’idea della scelta elettro-acustica di tre amici -Aaron Courtney (batteria), Jon Rust (chitarra e voce) e Jared Wallace (chitarra)- per il disco d’esordio della The Driftin' Outlaw Band (manca il bassista Dave Cox, l’ultimo arrivato).
Texas Outlaw Country registrato a Dallas: “The name of the album is just trying to convey the music we play”, mi scrive Jon. “We wanted it to be something that gives you an idea of the music on the album, before you hear the first song. And the ‘Vol. 1’ part is just to number it in the series, so hopefully in the not to distant future there will be a ‘Texas Outlaw Country Vol. 2’ to go with it.”
Le suggestioni di un mondo dove di lecito c’è solo l’illecito e l’unico scrupolo credibile resta quello di non averne affatto, fanno da contorno alla malinconia di un dolce violino nell’inizio di Belt Buckles & Brass Knuckles lasciando immediatamente spazio ad un vortice di chitarre, whiskey e texas nights da Fills Up First a quelle dove il country, l’armonica e la voce tenebrosa di Jon in 6 Feet In The Hole sono senza tempo, fuori dal tempo e lontano dal tempo - come nei racconti di Cormac McCarthy. La melodia che circonda l’incantevole Texas Dead, Waste Of Time o Trainwreck sembra stare sul lato sbagliato, o selvaggio, della strada e della vita, ma come aggiunge Jon Rust: “I guess we have a few common themes that bind our songs together, but we also try and tell a few stories while we are at it”, come nella più country e ‘genuina’ The Ballad of Francisco Diaz (“...is a song about a man who just kinda has enough, someone who gets his home and family taken away from him and has to do something about it ) o nello struggente splendore di Waitin On My Train (“...about a kid who hears rumors about selling his soul, and is haunted by not knowing what awaits him afterwords).
In Streets Lights voce e note si aggrovigliano in un roots alcolico, generoso, percorso da una tenerezza vulnerabile nelle splendide ballate di Feel It In My Bones e Used To Be, un gesto d’amore verso se stessi, ad una città che si ama, come la musica di Hank Williams, perché permette di non invecchiare, di non scomparire senza che ne nessuno se ne accorga. L’aria di confine e del West che lascia addosso quella perla di El Muerto in chiusura, testimonia definitivamente che Texas Outlaw Country vol. 1 non sarà una novità, ma è così coinvolgente da lasciare il segno, come l’intelligenza di scrittura, molto matura per l’esordio di questi fuorilegge texani. A quando il Vol.2, Jon?