La texas band di San Antonio č in continua metamorfosi, ma il bilanciamento tra country e rock non prende chissŕ quali altre direzioni stilistiche, va dove t’aspetti che vada, eppure procede come non prevedi anche se nel quarto disco degli
Emory Queen,
See You at The Next Light, il rock e l’american folk si rafforzano via via che il tratto autobiografico e le chitarre di Nathan Rigney entrano in scena da
Hand In Hand.
Non perdonano la pigrizia dell’ascoltatore medio-country, riescono ancora una volta a restare trasversali, elusivi quando sono impegnati in un vagabondaggio che č volto a rompere la simmetria di un mondo che si vorrebbe costruito a somiglianza del quadrante di un orologio, dalla solida piacevolezza di
Moving On al tratto romantico, con quel pizzico di tristezza, quel grumo di solitudine che affiora alla superficie mescolandosi alle parole nella splendida
Heart In Mind (“
Stop making plans and let your heart in your mind").
Gli effetti della strada di
Finds Danger (“
I’m alone / And I’m on the run”) -altra ballata elettrica convincente- sono riconducibili alla molla scatenante di
See You at The Next Light, ovvero le donne. Ne hanno conosciute tante e molto diverse tra di loro da poter far felice i fan del country, ma la passione che si scatena dagli antagonisti in amore, di pericolosi ‘ritorni’ e perdite da
Holes through the Windows non fanno che accendere il ritmo, le chitarre e una buona dose di sarcasmo in
Be Here Now.
Gli
Emory Queen prendono tempo, si attardano su momenti apparentemente privi di importanza nella sensuale
Calling Your Name ma il viaggio itinerante nel romanticismo, sa regalare una steel ipnotica nel lamento country di
Tear Down the Walls -altra donna dolce e pericolosa-, alle deliziose reminiscenze anni ’70 delle tastiere di
When I Dream, dove si prega stavolta la propria donna di portarsi via sogni di false speranze che non fanno altro che logorare il corpo e l’anima, “
When I dream / I never sleep”.
Turbolenze e bagordi del fine settimana regalano nel finale le giuste vibrazioni ruspanti, il banjo di
Falling Down Again si sente in ogni nota, come i sentimenti, le pulsioni, abitano l’intero
See You at The Next Light. Gli
Emory Quinn le colgono nel loro movimento, scompaiono e riemergono, e partendo da questi due spazi concentrano il loro arioso e luminoso timbro chitarritico.