Figlio del periodo universitario a College Station, il test di
Life aveva restituito un songwriter ancora con le idee appannate ma con uno stile lineare, di quelli che non fanno sconti a nessuno, specialmente al mercato discografico abituato al brano semplice e radiofonico.
In
The Aftermath -secondo disco per
Seth Candan- scrittura e melodia iniziano ad avere maggior consistenza, a muoversi di traverso al rock, a forzare i confini dell’americana, adesso non deve più pagare i musicisti per suonare, la band (Rob Crump alla lead guitar, Brandon Turner, batteria e Jordan York al basso) è la stessa che lo ha seguito negli ultimi tre anni in giro per il Texas, un giro selvaggio tra colline, vallate che restituisce fin dalla piacevole
Weekend’s Gone, chitarre ben oliate che acquisiscono spazio in
I Know e si disperdono in un’atmosfera dove i colori da neutri diventano caldi con la lap-steel di
The Wrong Side, in cui si sente il respiro del Texas.
Prodotto da
Mike McClure,
The Aftermath mescola sottolineature lievi delle nudità umane con uno stile cantautorale elettro-acustico come in
Betrayed, mentre dal mondo caotico e irrazionale che si agita all’esterno -anche se non sempre con la stessa franchezza-, riesce a catturarne le sensazioni con sussulti elettrici da
One Night Stand a quando si mischiano alle strade sterrate di casa, regalando piccole ed intense perle, coi violini di
Bumble Bee a ritrovare un sentimento misto di speranza e angoscia sotto i cieli texani dove ardono armonica e steel in
Rollin' With Your Buddies e
Alright (cantata con Mike McClure).
Sempre alla ricerca di un sentimento del tempo -da
Drive alla pastosa
Swamp-Footed Bastard, il fine dopotutto non è quello di trovarlo, ma di andarselo a cercare e
Seth Candan con
The Aftermath reclama tutto il nostro consenso offrendo uno spaccato sincero di Texas Music.