This Car is Big, l’album d’esordio della band di Boston dei
The Molenes -composto perlopiù da demos, risultava ancora grezzo alla ricerca di un compromesso tra alt.country, roots, hillbilly e rock ‘n’ roll, solo accennato nel successivo
Songs of Sin and Redemption (come anche il vocalist e songwriter Dave Hunter ribadisce: “
The first cd’s I've written for knowing who we were and how we play together").
Good Times Comin’ pare scandito da un incedere più sgraziato e meno prevedibile, anche se certi concatenamenti al country sono fin ‘troppo obbligatori’ e sbilenchi, ma brani come
Blood And Bone e
Love Me mostrano riff e steel tuonanti tanto che questo terzo disco sembra fossilizzarsi con una certa soluzione di continuità su un bel roots grintoso macchiato dal sapore agreste, adatto a ridefinire i contorni di pregiudizi che circordano realtà di società bigotte.
Splendida
Good Luck Charm dove le lacune del passato non trovano il modo di proseguire uguali a se stesse, dalla piacevole
Rockin' Monophonic ai bagliori honky tonk della festaiola
Hot Damn fino alla meravigliosa
Four Feet Under, texas style nel segno di un disfacimento avvolgente che impregna la steel di Bruce Derr, sempre più materica.
Poi si dilegua nell’aria, lasciando spazio a ballatone struggenti e roots veraci,
Miracle Cure,
Penny On The Sun e
Ten Pound Hammer (e tranne che per
Straight Ahead e la innocua title-track, che tanto per capirci, rimasticano un country usa e getta)
Good Times Comin’ seppur non rappresentando nulla di nuovo, fa venir voglia di prendersi una birra, sedersi in poltrona, alzare il volume e dimenticare tutto ciò al di là della finestra.