COLIN GILMORE (Goodnight Lane)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  01/12/2010
    

Cinque lunghi anni trascorsi on the road a suonare con i Flatlanders di Joe Ely, Butch Hancock e papà Jimmi Dale, periodi ‘selvaggi’ che Colin Gilmore ha attraversato solo per uno studio di registrazione e qualche nuova canzone: “I had written some songs quite a ways back and had even put a couple of them out on an EP,” racconta Colin. “I kind of had to breathe life into them again and figure out what they were all about again”.
Il tempo ha rinvigorito i diversi stili che avevano contraddistinto il debutto di The Day The World Stopped And Spun The Other Way tra country, folk, roots e rock, il West Texas rock & roll -come ama etichettarlo- stavolta si avvicina alla vita con maggior aderenza, la ripete così com’è grazie ad una valigia colma di ricordi di viaggio e di sensazioni, che una volta tornato in Texas ha assemblato lungo i marciapiedi di Austin, con le immagini e gli occhi sulla Goodnight Lane (“One street in my neighborhood in particular caught my eye, called Goodnight Lane, and I just sort of fell in love with it.”).
Un disco di riflessioni e di energiche ballate in compagnia della sua Fender Telecaster 52, di una band affiatata con Lloyd Maines a produrre (e a divertirsi nella strumentale Teeth, Hair and Eyeballs): non c’è una storia particolare dietro alle singole melodie di Goodnight Lane ma una serie di esperienze passate in luoghi come quelli descritti nella solida e brillante apertura di Circles in the Yard, su un giovane uomo alla ricerca di un luogo dove possa vivere tra gli alti e i bassi della vita. Sull'asfalto della Goodnight Lane –la title track- si corre veloce, come se un’automobile avesse gli occhi e se lo vedesse scappare insieme a tutto ciò che riempe il paesaggio, la fisa e la slide arrichiscono ballate elettriche intense, splendide come Hand Close To Mine mentre si guida per la California insieme alla chitarre di Jay Bennett e Scott Mathews a trovare Abigail, ballatona struggente e senza tempo, o meglio nel tempo della tradizione cantautorale texana, dove memoria, sentimento e immaginazione giocano volentieri a rimpiattino mentre la fisa garantisce che il tutto funzioni.
Solo occasionalmente si nascondono zone di vuoto come in Black Vines, ma il sound resta elettrico e dannatamente coinvolgente anche per lo sfrenato rock n’ roll a cui non rinuncia in Laughing Hard Or Crying, con l’elettro-acustica bellezza di Llano ad aprire una parte finale in parte spirituale: entra il piano nell’elegante Essene Eyes e tra le goccie di pioggia della deliziosa Raindrops in July scritta con Jon Tiven a Nashville, Colin Gilmore sulla Goodnight Lane ha trovato canzoni e poesia.