16°esimo album per
Marty Stuart registrato al prestigioso Studio B di Nashville (Elvis Presley, Waylon Jennings tra le tante illustri presenze) dove si vive e respira -negli intermezzi aperti dal pentagramma musicale della storia- la cultura e le tradizioni della country music, quella ancora capace di scuotere a ritmo di mandolini e steel guitars. "
What inspires me now, is traditional country music," dice Stuart. "
It's the music I most cherish, the culture in which I was raised. I found traditional country music to be on the verge of extinction. It's too precious to let slip away. I wanted to attempt to write a new chapter", ovvero
Ghost Train, The Studio B Sessions: hillbilly rock, country ruspante, sincero anche nelle ballatone tra lacrime e ricordi, in boschi ombrosi dove i raggi di sole dell’allegria non fanno per niente fatica a penetrare, prato che verdeggia e brulica insieme come nello scoppiettante avvio di
Branded -che si tira dentro il
Merle Haggard di Branded Man- e di
Country Boy Rock & Roll di Don Reno, il via libera alle steel guitars (una squadra composta da Gary Carter, Kayton Roberts, Ralph Mooney, Robby Turner, Fred Newell e Tommy White!) assestando con la ballatona di
Drifting Apart la giusta dose di alcoliche e lacrimevoli ‘old ballads’.
Marty Stuart dopo i Sioux e la cultura degli Indiani d’America di
Badlands (passando per gospel ed esperimenti bluegrass) rinvigorisce le tradizioni del country e in
Ghost Train, The Studio B Sessions non si fatica a riconoscerne l’anima con i suoi pregi più roboanti in
Bridge Washed Out (rivisitazione di una cover degli anni ’60 di Warner Mack con del sano rock) e nella splendida
Little Heartbreaker (The Likes Of You) o nelle cadenze forzamente melense e strappacuori di
A World Without You, così coinvolgenti in
I Run to You -in duetto con la moglie Connie Smith-, quel gusto spavaldo di saperle rispolverare procedendo a zigzag tra spegnimenti e continue vampate di colore (tra cui una strumentale
Hummingbyrd, tributo al chitarrista dei Byrds, Clarence White).
La cashiana (in tutti i sensi) e splendida
Hangman, apre una seconda parte in cui si stempera l’inteniremento delle liriche per lasciar campo alla critica sociale, di vita e lavoro di uno straziante carnefice ("
I killed another man today" canta Stuart) lavorando sulle nostre coscienze sociali con le frustrazioni di un
Hard Working Man ("
In better times / In Old America / We sang the 'Working Man's Blues' with such pride") ballate acustiche profonde fino a messaggi surreali e metafore per un Porter Wagoner spedito sulla terra da Dio ad illuminare i conflitti interiori di un uomo per farlo ritornare dalla moglie (voce, slide e boots per la struggente
Porter Wagoner's Grave) che scorrono lungo le rotaie bluesy e misteriose affidate al mandolino di
Mississippi Railroad Blues scosse da
Ghost Train Four-Oh-Ten, dove nostalgia, dolore, amore e ricordi bussano alla porta di un viaggio nel country targato
Marty Stuart che anche questa volta non conviene saltare.