PETER COOPER (The Lloyd Green Album)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  01/12/2010
    

La collaborazione con la pedal steel del maestro Lloyd Green è la scelta del cantautore, giornalista, produttore e professore Peter Cooper, un terzo disco inizialmente registrato solo voce e chitarra poi Lloyd ne ha scalfito e grattata la pelle con la magia della steel e la malinconia di un country puro, nostalgico, è salito in superficie come le aperture melodiche del narratore Peter Cooper, in grado di far risaltare tutto ciò che nella vita resta nel profondo. 12 le ballate voce e lap steel di The Lloyd Green Album, scritte a metà dallo stesso Cooper e diversi amici come John Hiatt e Kris Kristofferson con special guest illustri (Emmylou Harris, Rodney Crowell e l’Eric Brace con cui ha condiviso il precedente disco Master Sessions).
L’inizio è splendido con Dumb Luck, una calda, fluida, densa perorazione a vivere di un cervello che non riesce a stare dietro ad un mondo troppo veloce, Lloyd Green e la fisa avvolgono la voce di un’ispirato Cooper e continuano tutti insieme nella piacevole rivisitazione di The Last Laugh, scritta con Todd Snider e contenuta in The Excitement Plan. Tra fermate al bar (da Milwaukee nell’accorata dolcezza di Elmer The Dancer, dove manca la birra per nutrire i sogni della notte, all’Oklahoma struggente di Here Comes That Rainbow Again di Kris Kristofferson, su cui si osserva il cambiare del tempo), le aperture sul mondo sono continue come il tocco agreste (fiammante in What Dub Does) che avvolge That Poor Guy, la splendida Gospel Song, in un continuo girovagare senza lasciare mai da sola la pedal steel anche quando ripesca Bells of Odilia di Chris Richards e Mama, Bake Me a Pie, il classico di Tom T. Hall.
Non potevano mancare delle ‘train songs’, sotto gli occhi scorrono le emozioni e le solitudini di Champion of the World, profonde in Tulsa Queen di Rodney Crowell, con Train to Birmingham di uno Hiatt inedito, altro suggestivo viaggio sui binari della vita dove si tracanna whiskey per calmare dolori e lacrime. Se da una parte Lloyd Green e la seducente pedal steel rinnovano la pura epica dell’alternative country, dall’altra si chiarisce definitivamente la poetica del musicista Peter Cooper, perfettamente bilanciata fra un elaborato songwriting e una toccante vena intimistica.