Cresciuto in una famiglia di musicisti, un profondo amore per la chitarra, il giovane
Eric Tessmer riesce a cogliere al secondo disco il senso della prospettiva del blues e del rock intravisto nel 2006 con
Blues Bullets (ma ci sono anche un paio di live precedenti),
Green Diamond appare strattonato da pulsioni vitali e divergenti ben rappresentate dalla prima parte della title-track che solca le varie tappe del disco (suddivisa in 3 strumentali) a dimostrare una ricerca di una lucida trascrizione sonora di brani che sgorgano da una memoria mai paga di esperienze vissute.
Nato nel Wisconsin ma dal 2000 trasferitosi in Texas (“
The hardest working band in Austin”, lo si trova scritto sui manifesti all’entrata di locali come ad esempio il Db Riley’s, sulla 6th –e posso confermarlo!) nell’arcigno blues di
Draw, macchiato dal rock nella splendida
Skin The Rabbit, la
Eric Tessmer Band dimostra di voler adoperare i fiammiferi per ‘purificare’ il mondo, sette minuti nella ruvida e contemplativa
Taildragger, vertigini chitarristiche come reazione anche un po’ pessimistica verso un futuro non privo di senso, tra le elucubrazioni alle tastiere -tanto anni ’60- di un Michael McDaniel che si ripete al sax nella seconda meravigliosa parte dell’affascinante strumentale
Green Diamond, altri 7 minuti che si legano alla breve ballata -voce e chitarra- di
Untitled, dolce e vibrante allo stesso tempo.
La
Eric Tessmer Band mostra di saper recitare la parte di un’autentica bluesman band anche nel finale, dalla brillante
Buttons & Threads o nella straripante
Herusha, pura goduria per le orecchie da saggiare fino ai 12 minuti della terza e conclusiva parte di
Green Diamond, una jam lunghissima a creare illusioni e spazi in cui Eric Tessmer ridisegna e reinventa il suo modo di vedere un blues chitarristico che sa davvero come farsi voler bene!