Alla giovane band di Stephenville piace spiazzare le attese, ostentano romanticismo lungo le fondamenta di un rock classico preso per mano nell’impetuoso avvio di
A Feelin, ma lo fanno pulsare solo per un paio di minuti, carpendo però una complicità che è cosa rara oggigiorno, perchè i
Six Market Blvd. al debutto discografico non sono facilmente catalogabili e in aiuto arriva il pensiero del vocalist Clayton Landua: “
Americana, Texas alternative with some soul, rock and blues. A lot of our music is upbeat, but some of it is slow jam. Some people don’t understand you can take a slow song and just jam it, rock it”.
In effetti i margini di
Running on Seven (“
because our van runs on seven cylinders”, bella spiegazione) sono davvero ampi, sa cogliere favorevolmente di sorpresa nelle virate rock ma soprattutto nel profondo delle zone d’ombra di ballate come
Roses, di
High in Heaven, un mix perfetto tra banjo, violino e melodia o di
Man Alive e
That's the Way Love Goes affidate alle chitarre di Josh Serrato e Scott Neal ad accendere brani che di sicuro non seguono un copione scritto e abusato da tante affermate band del Lone Star State.
Non dico che in
Silence in Me o
Terrible Lies appaia evidente la consapevolezza dell’ambizioso progetto dei
Six Market Blvd. ma sempre meglio che accontentarsi di una carineria simbolica di facile presa su di un’ascoltatore lasciato in un mare di suoni, dove appare piacevole-rischioso nuotare, brani insomma che necessitano qualche ascolto in più di una
Roll Locomotive o di
Ready to Throw, rock solari che ti schiodano dal torpore in un attimo, brani solidi o con un bel riff centrale o fortemente cadenzate o con ruvide spezzature.
Nello stereo della macchina faranno comunque faville. Sapori roots&country scuri e immersi nel whiskey, ma affascinanti per
Misery in Me o nel cambio di ritmo della piacevole
Stick to What's in Store e ancora una volta,
Running on Seven chiede all’ascoltatore di non fermarsi alle superfici, di non usare giudizi predigeriti e di lasciare scorrere nel lettore il cd fino alla conclusione splendida di un’accoppiata, immagine perfetta per racchiudere
Running on Seven: dalla jam indiavolata di
Stuck in the Pen al piano della malinconica e struggente
Wintertime. “
We wanted to catch people’s attention. No crazy back story, we just wanted to do something totally new”, e senza compiaciute gradazioni radiofoniche in un disco vivo, pulsante. Non da poco per una band all’esordio.