RANDY ROGERS BAND (Burning The Day)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  30/09/2010
    

Randy Rogers come per il pluri-decorato successo di Rollercoaster del 2004, si è affidato al gusto del pubblico prima di entrare in uno studio di registrazione: “We had a little bit more time, I guess so we all learned the songs and played them live at some of the shows before we actually recorded them” e la scelta ripaga Burning The Day, che non sarà all’altezza dell’esordio, ma la Randy Rogers Band seppur troppo aggrappata al lato sentimentale della texas country music riesce a mantenersi su livelli più che discreti.
Hanno maggior dimestichezza con il pop-rock che con il country, oramai si sono incamminati in territori commercial-radiofonici ma l’identità del gruppo resta texana, questo anche per le qualità compositive di Randy Rogers e questa volta, mai come in passato, il bassista Jon Richardson lo ha aiutato a scrivere le canzoni e non ultimo la chitarra di Geoffrey Hill e il violino di Brady Black a fargli compagnia al microfono. L’unità della Randy Rogers Band è quindi sempre più solida, un’istituzione tra i giovani fans nel Texas (“It’s country music, country music for the average man, you know?”), al terzo disco per una major si fanno aiutare stavolta da Paul Worley (ha lavorato per le Dixie Chicks e Willie Nelson) e rispetto a Radney Foster c’è in più solo una regolarità sentimental strappacuore che non molla mai Burning the Day, lontano dalla poesia che è qualcosa di leggermente diverso da frasi tipo (mi manchi, senza di te non sono niente, e così via, fate voi!) ma d’altronde se Baudelaire era del parere che “quando una cosa è troppo stupida per essere detta, si può sempre cantarla” Allora?
Ma senza cattiveria, ci mancherebbe, la disamina su come le giornate trascorse su una strada non vadano molto d’accordo con il desiderio di stare solo a casa con la moglie di Interstate, ha spunti interessanti, la vita di un songwriter e l’amore, niente di banale come la melodia semplice, orecchiabile, il solo al momento giusto, niente e fuori posto sulle highways in compagnia di pensieri e anime vagabonde a cui manca sempre qualcosa, qualcuno, da Damn the Rain all’hit radiofonico di Too Late For Goodbye.
Poi ci infilano violini, slide e un classico come Missing You Is More Than I Can Do, una ballatona country che farà sfracelli nelle dancehalls che va in coppia con Just Don’t Tell Me the Truth, altra ballata per uomini disperati d’amore e di certo mantengono lontano la retorica dell’inutilità della vita matrimoniale, della convivenza istituzionalizzata, dell’amore preordinato. Country dalle tinte rock alla Randy Rogers ovviamente, in Steal You Away e Holding On To Letting Go, scoppiettante nell’amabile Looking For You So Long e Startin' Over For The Last Time, la semplicità melodica della convincente I Met Lonely Tonight con una degna e tosta chiusura alla texana, con la splendida Last Last Chance.
L’amore sarà anche antidemocratico come il denaro (pensateci, si accumula intorno a persone che ne hanno già fin troppo: i sani di mente, i sani nel corpo, gli amabili) ma regala anche momenti leggeri e piacevoli come in Burning The Day.