Youth is Our Blood comincia dove finivano
Don’t Need No Money e
The Dirty Guv’nahs. Cosa significa ciò? Che la band di Knoxville fa sempre lo stesso disco? Può darsi -a sentire l’avvio con la travolgente
Baby We Were Young, ma sarebbe meglio non avere fretta, i
The Dirty Guv’nahs accettano ancora l’invito a tornare ai fasti del rock n’ roll come spiega il vocalist Jason Trimble (“
Our new CD is a portrait of the hearts of six guys in their twenties that are looking to strike a deeper chord with lovers of rock and roll. Our main objective is to encourage people to pursue community and not pursue a secluded life” così stavolta riescono a ripensarlo, ma scavando maggiormente in profondità, nelle riflessioni di vita e di amore iniziate proprio con
Baby We Were Young (“…
having youth in your blood and thinking you’re invincible”) a scapito di quell’invidiabile spirito ribelle degli esordi, ma la produzione regge sebben più curata e meno rozza, qualche sprazzo radiofonico, ballate sempre suggestive e l’aggiunta delle trombe (i fans ne hanno avuto un’anticipazione nel live recente -ma non ufficiale- dalle magiche serate a Knoxville,
At The Bijou Theater, comunque imperdibile!) e non ultimo dei violini country.
Così con
Wide Awake,
Ain't It Strange e
Courage intrecciano la routine melodica spezzandola con piano e i riff di Michael Jenkins, seguendo variabili sonore con la dimestichezza di una rodata rock band che gioca con il fuoco, con le donne, e pur di farle entrare in circolo in
Walk With Me se ne affrontano tutte le conseguenze dolorose attraverso spigliati rock ‘n roll e pazienza se per mantenere questo livello si va a ripescare hit dei dischi passati, la bellezza di
We'll Be The Light e
Blue Rose Stroll dove il succo è sempre quello, la passione che non ha colore, non gli interessa cosa è bene o male, ma ha un solo suono e ai
The Dirty Guv’nahs il compito ‘immorale’ di farcela vivere. Con le ballate di
Song For My Beloved,
Seeds On The Rise e
The Country si ha la sensazione che tutto sia sul punto di levitare, di staccarsi da terra a sentire il solo finale di
Recovery, e con la ruvidezza di
New Salvation e la splendida
It’s Dangerous (trombe incluse) il salto alla fine riesce, capace di consolidare e rafforzare i nessi di
Youth is In Our Blood e sempre con l’amore, quello pericoloso ricercato in un bar. La cura dei
The Dirty Guv’nahs agli oscuri recessi del cuore? Rock n’ roll!