JOHN MELLENCAMP (No Better than This)
Discografia border=parole del Pelle

          

  Recensione del  31/08/2010
    

Come per il celebrativo quadruplo box, On the Rural Route 7609 (unica pecca la mancanza di brani inediti) John Mellencamp resta sulla strada provinciale in compagnia di T-Burnett con un solo microfono e un vecchio registratore come quelli che usavano i folk-blues singers negli anni tra il 30’ e i 40’. Un disco elettro-acustico, molto legato alle tradizioni (bella la cover, molto cinematografica e con due belle ragazze!) e poi perché non gliene è mai fregato nulla di essere una rockstar: “I have only one interest,” racconta Mellencamp in una recente intervista, “to have fun while we’re doing this and maybe have something that somebody might discover".
Tredici i brani di No Better than This, scritte la scorsa primavera in un paio di settimane (“I got up every day and wrote and wrote and wrote”) in un immersione temporale a quando da ragazzino nell’Indiana, ascoltava alla radio miriadi di canzoni o lungo le strade notturne ed frizzanti dei barroom texani, perché dopotutto lo ama il country. Canzoni che parlano della necessità di speranza, della natura delle relazioni di coppia, con il tocco alla ‘cougar’ sulla vita di tutti i giorni delle persone comuni, brani registrati in luoghi diversi dal solito, dove John Mellencamp ha trovato nuova fonte di ispirazione: dagli studi di Memphis, alla chiesa battista africana in Georgia, all’hotel Gunter di San Antonio (stanza 414, quella di Robert Johnson a cui omaggiò in Trouble No More del 2003, con Stones In My Pass Way).
Save Some Time to Dream apre il disco, una ballata densa e spirituale, alla Mellencamp: ”Save some time for living and always question your faith… save some time to dream, 'cause your dream might save us all”, musica che aiuta a sognare ad occhi aperti mentre il roots&blues bacia il folk nelle riflessioni amare sul disfacimento delle comunità americane di The West End: “I've lived down in the West End / Things sure have changed here since I was a kid / It's worse now” ancor più tetre nella splendida Right Behind Me, violino e chitarra acustica per la sua relazione con il diavolo, una ballata che rimane dentro a lungo, con insistenza, quasi senza che l’ascoltatore se ne accorga.
In vena di country No One Cares About Me (perdita del lavoro, la moglie sparita con dietro i figli, niente amici e una tumultuosa amicizia fraterna) è da vero honky tonker alla Hank Williams, ed A Graceful Fall sembra riportare alla memoria il periodo di Falling From Grace, da lui diretto e interpretato. Ma di stili No Better than This ne ha molti, spruzzate rockabilly in Each Day of Sorrow (gran solo centrale), per Coming Down the Road, in giro attraverso le highways a trovare la propria verità, ed anche nella vivace title-track, puro piacere della musica e dell’amore: "Give me good loving / And seal it with a kiss / Drop me off where the music sounds / It can get no better than this".
Con la perla acustica di Thinking About You -un country-folk acustico su di una vecchia conquista-, la malinconia cresce dentro, lentamente, fino a scavare nell’incantevole dolcezza di Don't Forget About Me rilassandosi spiritosamente solo in Love at First Sight fino alla chiusura classica, da folksinger, con Easter Eve (secondo brano da ben 6 minuti) e Clumsy Ol' World, maledettamente semplice "She don't eat meat, but she smokes cigarettes / She remembers things that I'm trying to forget" ma capace di flutturare nelle intercapedini dell’amore. Un disco lontano dalle coordinate alle quali siamo abituati vedere John Mellencamp, ma No Better than This dimostra che non ci vuole poi molto per continuare a voler bene ai propri ribelli.