POWDER MILL (Money Marbles and Chalk)
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  Recensione del  31/08/2010
    

La band del Missouri dei Powder Mill non si è mai posta il problema di un’appartenenza geografica, contano il pensiero, le storie, l’outlaw country e lo spirito sudista, una miscela che con naturalezza ritroviamo anche in Money Marbles and Chalk, anzi ne accentuano il vigore con quel legame oscuro e poco consolatorio dell’invisibilità da periferia, dove la musica agisce contro quella concezione formattata e unidimensionale del mondo. Un disco quindi grintoso, storie di rock n’ roll raccontate da Jesse Charles Hammock II mentre percorre le highways, dalla splendida Another Mile iniziano digressioni filosofiche ‘on the road’ di questo gruppo di ragazzi che sanno ancora apprezzare le emozioni di giornate spensierate, passate su di un furgoncino e senza preoccuparsi troppo del domani con la giusta dose di humor agreste e roots in Engaged To Get Divorced.
Ma la slide tuonante di Jeff Chapman tende ad allontanarsi definitivamente dal paradiso country roots dei primi dischi, stesso dicasi dei testi dei Powder Mill che si colorano di una realtà dura, dove vero e falso, giustizia e sopraffazione si scambiano fluidamente di posizione (seguiti per questo sempre dalla chitarra di Chapman): ecco il pastore non proprio immagine di Dio nel rock di Billy the Baptist, non puntano all’allegria nella torbida rock-ballad della convincente Worth, così cupamente punitiva, così deliberatamente allucinata come in Bed of Roses.
Whiskey e sigarette che di prima mattina sono come un promemoria di mortalità, tra una tirata che passa, i pensieri passano dalla piacevole Hand to Mouth ad All I Know con tanto di violini, ma come per l’armonica di Hillbilly Heroin o il banjo di I Will Survive vengono oscurati da una base lugubre e chitarristica adatta certo a discorsi su un mondo pieno di problemi, di giustizia in Righteous Wrath, di demoni che non ti lasciano mai in pace come in The Dog Bites ma tra un ricamo e una poesia (la sexy cameriera di Cold Ice Water) forse qualche spruzzata più agreste (come nella splendida chiusura di The Urge to Roam) avrebbe reso più fluido Money Marbles and Chalk, un disco che senza cadute ma anche senza voli, si lascia ascoltare con piacere.