LLOYD SPIEGEL (Tangled Brew)
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  Recensione del  31/08/2010
    

Chitarrista e songwriter australiano all’ottavo disco, dopo trent’anni di onesta carriera (una ventina dei quali passati su di un palco in giro per il mondo con tappe illustri in Giappone nel 2006 -al Dysneyland park di Tokyo- per la registrazione di un Dvd divenuto un ‘must’ per tutti i chitarristi dell’Asia, agli USA di infiniti coast-to-coast suggellati con un prestigioso programma scolastico ad insegnare a tanti allievi l’arte chitarristica della Cole Clark, fedele compagna di vita), una volta arrivato a casa in Australia, cambia direzione: l’approccio è elettro-acustico, introspettivo, da folk-blueser per l’ultimo Tangled Brew, una via di mezzo alle chitarre di Tall Stories e il riflessivo Timber & Steel.
Sin da Murder For Breakfast entra in gioco il percussionista Malaysiano Arunachala a far compagnia al blues luciferino delle sue storie e non ci si impiega poi molto ad entrare in sintonia con le sue melodie, sprofondare nel blues non è mai stato così indolore a sentire la deliziosa title-track o Letter From Tokyo, dove la chitarra sembra essersi impaludata nelle zone più dolci.
Storie ribelli e di whiskey da Rock And A Hard Place, suonata in modo austero e stilizzato, riff rarefatti ma con un’assoluta fiducia nella forza di quelle corde, il fascino di Tangled Brew cresce piano piano, dall’ascolto di Won't Turn Back e For The Kill per quello stile sporco, traballante, sempre poco controllato ma non abbandona mai il morso ed è questo il merito della scelta di un secco folk-blues: quello di riuscire a conservare una tenuta emotiva sia quando si passa dal blues scuro, torbido di Medicine, sempre più immerso nel delta con la splendida Ten Miles From Your Door, alla malinconia poetica di The Man That I Was, Yesterday's Sins, Blade e della conclusiva Dirt Road To Paradise. Un disco piacevole, con un retrogusto di atmosfere buie che inquietano non poco, ma vitali per l’ascolto di Tangled Brew.