Dopo l’interessante
Make It Worse, dall’ascolto di
The Path bisogna forse pensare alla rock band degli
Slimfit come ad un soggetto scisso: da una parte troviamo il gusto della periferia, dell’alt. country che senza raggiungere vette ‘poetiche’ non delude mai, dall’altra la logica del rock che emerge in tutta la sua violenza divenendo pura e disingannata constatazione dell’impossibilità di credere in qualcosa di autentico e duraturo.
Così il sapore del country lo si intravede solo al quarto brano (
Afraid to Fall,
The Path,
Damp Powder anche se curano la confezione radiofonica, sono francamente modeste) così la slide malinconica di una piacevole
More Than Wrong aiuta a recuperare
The Path che così cambia tono, e non solo nella voce di Joey McMonagle solleticata dal bluegrass in
Whisperin’ Wind, tutta banjo e violini, così contagiosi da rendere l’aggraziata coralità di
Sweet Susquehanna tanto dolce quanto la ballata
Stumble Along.
Ma anche perché Pat Kirchner e Sam Gorgone danno credito al passato e lavorano alle chitarre con la stessa passione di band come i defunti Slobberbone a sentire
Standard of Life, felici intuizioni che permettono di illuminare brani come
Not Again e
Rome, tanto veloci quanto la denuncia che si mescola con l’umorismo.
La slide fiorisce in quella perla di
Lost Along the Way, si unisce al piano in
Yesterday's Gone regalando nel finale i 5 intensi minuti di una
You Don’t Know dalle due facce, proprio come questo disco,
The Path, che per quanto mi riguarda, credo che alla fine vada salvato, se non altro per il tentativo di una ricerca a quel salutare antidoto contro l’omogeneizzazione degli stili che colpisce tante, ma tantissime band.