NATE DANNER (Don't Hold Back)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  01/08/2010
    

Non c’è nulla di radiocomandato nella storia di Don’t Hold Back, l’esordio di Nate Danner non si lascia accattivare dalle luci del facile successo ma preferisce davvero dire qualcosa, si muove tra realismo e astrazione, riuscendo a coniugare una sorta di malinconica leggerezza figlia dello spirito del country e le atmosfere delle chitarre di provincia, per tredici brani stringenti e serrati che inchiodano all’ascolto perché non c’è nulla che sa di finzione. Ha iniziato nel 2006 a scrivere musica dapprima in solitaria poi, tra gli amici dell’università, ha messo su la band con Ft. Worth come base operativa, Nate Danner descrive la sua musica “as Texas, Red dirt, Acoustic, Blues, Driven Rock Country”, un mix meno elaborato ma come si avverte sin da Way Things Are, di violini ce ne sono abbastanza e si sbizzarriscono intorno alla dolcezza e alla lacrime che imprigionano il cuore nei vuoti a perdere dell’isolamento come in Love May Still Exist.
Nate Danner taglia e astrae ogni spazio con una buona dose di riff che parlano da subito come i corpi persi nella sideralità di sentimenti vissuti e riversati con l’energia di brani solidi col piglio stradaiolo e roots, Nothing Left Here, la brillante I'm Just Looking Tonight e le vigorose ballatone di Another Night, You Set Me Free e Becky's Song, e non si limita ad osservare, a guardare, ad entrare nello sguardo dell’amata, cerca di tradurne spirito e misura, portata e origine, in un caledoscopio di umori e malesseri che trovano sempre una intensa via di sfogo chitarristica.
Malinconia a fiumi ma anche bagliori intensi di vita agreste come nella splendida Down In Texas, armonica e violini a costruire un mondo pieno di colore, dove gli stili possono giocare come in una gran festa, quella alcolica dell’incantevole ‘giretto’ di Whiskey Boat ma non riescono a coprire quel senso di sofferenza diffuso che s’effonde da ogni nota di Don’t Hold Back anche nel finale, da Kansas Angel ad un’altro paio –e splendide- ballate tra country e rock come Lovin' You, So Many Reasons e la stessa title-track. Don't Hold Back sarà anche molto sentimentale, ma come amava citare Matisse, l’essenziale non è il soggetto, ma la disposizione degli oggetti nel quadro, l’aria e quel che circola nell’aria.