JOE D'URSO & STONE CARAVAN (Down Here by the River)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  01/08/2010
    

Joe D’Urso ha descritto in Italia (da anni non salta una primavera/estate con un mini tour insieme agli Stone Caravan) il momento forse più mobile, impreciso, cruciale della sua maturazione di musicista, fatto di lavoro sodo intorno ad un rock n’ roll proletario figlio del cantautorato di Springsteen capace di galvanizzare ad ogni esibizione i suoi fedeli fans, ma anche di sfocate proiezioni verso il futuro, perché per Down Here by The River il copione resta lo stesso degli ultimi dischi (se non dell’intera discografia).
I sogni romantici popolano ancora le sue canzoni, la scelta resta sorretta da un suono compatto e una scrittura che resta convincente, ascoltare l’apertura chitarristica della solida Waiting for the train, ma mostra i suoi limiti e forse è quello che rende i dischi di Joe D’Urso & Stone Caravan sempre godibili a tutti i nostalgici di quel rock made in USA: brani che non si sfilacciano, restano legati e concatenati tra di loro, hanno la carica e l’energia genuina di Angels e Round Eye Blues (cover azzeccate dei Bodeans, con cui gireranno gli States in tournè, e dei Marah) o nella scoppiettante Anything more, conservano le tradizioni di un rock n’ roll di provincia con la ballata toccante della title-track in un duetto con Willie Nile, inserendo suggestive parentesi rootsy- fisa compresa- in Mystery, Loving and living e la deliziosa Once again (esagerando solo nei coretti in On a Night like This).
L’attacco morbido della splendida Hold on è un segno labile e inesorabile che il passare del tempo non interessa affatto a Joe D’Urso, un brano trascinante, perfetto per i suoi spettacoli dal vivo, tra qualche altro omaggio -di lusso con All I Needed Was You in versione ‘border’ firmata da Little Steve Van Zandt- e il riempitivo (un disco di 14 brani!) con Brass Ring e Since She's been Gone, Down Here by The River scivola via senza intoppi fino alla struggente chiusura di Laguardia to Weehawken. Joe D’Urso resiste al tempo, ci prova, le sue canzoni non sembrano affatto fiori pallidi prosciugati, svuotati, da ogni afflato vitale, anzi se vi capita di incrociare un suo concerto, mi raccomando non lasciatevelo sfuggire, ne vale sempre la pena!