Materia incandescente da un solidissimo quartetto formatosi nel 2007 nel North Carolina, non certo incanalata in percorsi obbligati, a bordo del
Blue Train si portano boots e blue jeans ma non hanno voglia di tornare a casa, sono diretti in Texas e non ne vogliono sapere, rock e roots mischiati saggiamente a infuocate chitarre.
Scrivono di tempi belli e brutti, ma anche di tutto quello che si pone nel mezzo, compreso l’amore (che sia per una persona, un luogo o di una pistola poco importa),
Road to Alabama è arcigna, splendida per l’aggiunta di quel sapore southern a dimostrare di saper dar vita e scatenare tante possibili reazioni emotive, convergenze parallele di suoni che si incontrano e si sfiorano di continuo.
Ecco l’attacco stradaiolo e elettro-acustico di
Maybe, la voce di Levi si chiama dentro le chitarre di Bart e Jordon che fanno avanti e indietro man mano che il rock di stampo classico allarga la scena, ci fanno penetrare o arretrare in modo graduale, ma si avverte il tocco della
44 Love, granitico in
The burning tree,
44 love,
Turbo Brown o in
The Devil can Wait, tutte in grado di avallare quello stato di sublime trasandatezza capace di totale frantumazione dell’ordine e delle regole che ci tocca seguire a malincuore.
Spunta una slide country e sbarazzina nell’attacco di una ‘tranquilla’
I've come to kill you (con un salomonico ed eloquente solo centrale), riff come prodotti dello spirito che non riempiono le attese ma ne suscitano sempre di nuove nel cambio di ritmo della malefica suggestione di
Everyone knows. Dall’ascolto di
My kind o
Gasoline possono balenare i presupposti di vecchi vinili, ma le emozioni non devono necessariamente conformarsi al già sentito affinchè
Road to Alabama funzioni.
E credetemi, funziona alla grande!