PHIL HAMILTON & THE BACKROAD DRIFTERS (Nothing to Lose)
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  Recensione del  01/06/2010
    

Phil Hamilton and the Backroad Drifters (band formatisi in una chiesa ma con il pensiero alla strade del country e del western, “We’re kind of like old school 70’s cowboys. I wear boots and jeans all the time” dice Phil, “It’s just me, I feel like I was made to be a 70’s cowboy”), suonano un rock genuino e stradaiolo cercando di non allontanarsi troppo dal texas country roots, a volte pionieri di un suono più ruvido ma restano sempre nei dintorni di Fort Worth, da dove sono partiti spingendosi fino in Kansas nei cinque lunghi anni trascorsi on the road, dove il feeling tra Phil Hamilton e la i Backroad Drifters oltre a crogiolarsi al sole si è plasmato e rafforzato.
Texas Girl in avvio apre in pochi attimi una parentesi evasiva, quasi sognante e sospesa, che acquista tanta più pregnanza man mano che si prosegue lungo Nothing to Lose, e non si aggrovigliano solo le chitarre ma anche lo spirito roots come nell’intro di Nothing To Lose, i contrasti e i conflitti si producono variamente tra una bottiglia di whiskey in una mano e l’altra in una tasca sempre vuota, nel paesaggio arido su cui si incamminano dove c’è poco da perdere e tutto da guadagnare.
I riff stregano allo stesso modo delle vibranti canzoni di Phil Hamilton, briose come Nine Mile, a voler smussare gli angoli allo sfondo di una strada che morbida certo non è, infatti in 281 e nella brillante She's Got A Way aggrediscono, irridono ma il gusto per la rock song tutta chitarre domina ancora e non siamo poi tanto distanti dall’universo che Hamilton e la sua band ama, quello duro, spietato e monoteista del western, luogo simbolico di violenza sugli uomini e sulla natura, dove le chitarre possono scorrazzare liberamente come nelle splendide Before I Broke Your Heart e Once In A Lifetime, perfette per tutti coloro che amano la ‘wilderness’ come l'unico ambiente che vale la pena di essere vissuto, da cui nessuno vuole staccarsi.
L'ombra dello Stetson attraversa obliquamente il volto di Phil Hamilton velandone lo sguardo ma sottolineando anche iconograficamente la natura ‘schizofrenica’ dell’uomo combattuto tra due opposte aspirazioni: la libertà più assoluta e la voglia di relazioni sociali, perfetto scenario per la ballatona struggente di Other Side of Crazy e per un roots doc come Silhouette. Nothing to Lose non poteva che chiudersi con l’energia di Alan's Place perché le strade lungo il Texas non sono minacciate dal dio denaro, dalla cupidigia che perde gli uomini e li aliena a loro stessi, ci sono solo luoghi dove bersi in compagnia una buona birra sperando di trovare band come Phil Hamilton & The Backroad Drifters sul palco. Una serata perfetta!