Il singer-songwriter Mark Cary e il chitarrista Nick Cary hanno un passato in una band roots, un periodo a cui son rimasti legati anche dopo il loro scioglimento alla fine del 2007, tanto dal portarsi dietro nell’esordio con la nuova band dei
The Dreggs quei chiaroscuri cromatici in cui le chitarre ne illuminavano ballate malinconiche e brusche virate elettriche e contemporaneamente nascondendone le storie di amore e vita, che stavolta danno maggior aderenza al loro sound tenebroso e sempre alcolico: “
Happy, beer-drinking songs are good for the soul, but if you spend a little time with your own inner demons, as a writer it can be pretty gratifying.”
Barstool and Brimstone allora in una mezz’oretta, con solo sette i brani, è un perfetto esempio di un presente incerto e decadente con “
big guitar Americana with a touch of mandolin” come i
The Dreggs amano etichettare la loro musica. La title-track ne è una splendida prova, slide cupe alla texana che accumala e ritarda quell’inquietudine che si sente epidermicamente tra demoni e diavoli a spasso anche nella seducente
In The Fire, ritmo introflesso, dinamica soprappensiero per un brano ben offuscato da riff alquanto legnosi.
I mandolini sono selvaggi nella sfrenata disamina di
Head Up High e più dolci in
Valerie che concede maggior respiro alla storia sentimentale ma non perdeno colpi, con il fascino di
Never Gonna Be Me continuano a fare dentro e fuori tra l’oscuro e l’incerto, sempre sballottati tra incertezzi e dubbi, tra paure e solidissime schitarrate. Un piccolo assaggio di violini e roots alla texana lo lasciano in coda, nella brevissima
Carrying My Heart e nella chiusura acustica di
(Can't Get) Over You e bastano per dare senso al nuovo progetto chiamato
The Dreggs.