RECKLESS KELLY (Somewhere in Time)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  01/05/2010
    

Pinto Bennett è un songwriter dell’Idaho, un misterioso poeta-cowboy che insieme ai The Famous Motel Cowboys ha influenzato parecchie generazioni di musicisti nel Northwest dell’America, ma anche in Texas a sentire il nuovo disco dei Reckless Kelly, Somewhere in Time. Al settimo album di studio la band dei fratelli Braun ritorna a vestire –seppur attraverso un personaggio che sembra non avere un età- il roots energico fatto di mandolini, armonica e violini dei loro primi dischi, anche se ci tengono a sottolinearne alcune differenze: “It’s not too far a departure from what we’ve done in the past”, dice Cody, “but it reminds me of the old days when we were playing four sets a night, doing a lot more honky-tonk stuff, playing the real dance halls”.
Eppur la splendida Little Blossom che apre le danze sembra uscita da Under the Table and Above The Sun, in compagnia di David Abeyta alla lead guitar e lap steel, Jay Nazz alla batteria e Chris Schelske al basso, l’omaggio a questo paladino del country è rivisto con del puro texan'-roots&guitars: "While this is Pinto's material, this is very much a Reckless Kelly record. It's simply a bunch of great songs we thought people should hear." Parole sante, cosa dire della tragedia epica di una ammaliante The Ballad Of Elano Deleon, con Joe Ely che regala ulteriori stimoli all’ascolto di Somewhere in Time, riproduzioni molto personali che sono da considerare un bene anche per Pinto Bennett, in veste di cantante su due brani del disco (nella struggente Thelma in special modo).
Lasciatevi coinvolgere dal furore delle passioni, dalla coda chitarristica di un delizioso roots come Bird On A Wire, dall’energia di Some People's Kids, al classico honky tonk di You Cared Enough To Lie, al country dalla slide languida, quella capace di soccombere al potere di seduzione femminile, di una ballatona come I've Done Everything I Could Do Wrong che offre anche l’occasione di confessare l’attrazione e i sentimenti che si provano per la bottiglia nella gustosa I Hold The Bottle, You Hold The Wheel, e le parole diventano quasi subito superflue di fronte a questi ‘versi poetici’.
Non occorre conoscere la discografia dei Reckless Kelly per ascoltare Somewhere in Time e pensare ad uno dei loro dischi migliori, una band che sa sempre giocarsi bene le carte, basta l’ascolto di Best Forever Yet, al mito del west da Idaho Cowboy alla splendida Pure Quill per avviarsi come nel Wild Bunch di Peckinpah alla disillusione amarissima della fine, per iniziare da qualche altra parte a sentire la title-track. Preferibilmente in Texas e non solo per la musica dei Reckless Kelly.