ADAM CARROLL & MICHAEL O'CONNOR (Hard Times)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  01/04/2010
    

Un paio di novità dal folksinger texano Adam Carroll, oltre ad un gran bel disco dal vivo, Live at Fliptonics, una serie di nuove ballate elettro-acustiche in compagnia del chitarrista singer-songwriter Michael O’Connor, una collaborazione nata dal nulla con il sideman di Slaid Cleaves e Ted Russell Kamp, cresciuta durante la scrittura dei brani di questo cd, Hard Times.
Un titolo che fa intendere assenza di lieto fine, anche perché i loro occhi si sono soffermati abbastanza a guardare le statistiche di valutazione dell’economista Nolan Ryan, così il tema della recessione è diventata la molla per il duo a raccontare questi ‘tempi difficili’ nel loro amato Texas ma spingendosi fino alla costa della Louisiana. Tra l’autobiografico dei dettagli e l’immaginazione, una serie di storie di loosers che si contendono quel poco che la miserabile economia quotidiana permette di fare, dalla parte di musicisti ‘fortunati’ nell’apertura di una struggente malinconia che ritorna a ricoprire le sue ballate, splendida New Years Eve, armonica e lap steel affondano nel roots mentre i soldi svaniscono e allora si trova ancoraggio tra le bracce di donne sante come Bernardine, stavolta affidata alla voce rasposa di O’Connor adatta per narrare il passaggio dalla perdizione alla salvezza.
Sullo sfondo il blues e il whiskey per innaffiarsi la gola e dimenticare le amarezze della vita, giocano un ruolo importante per il looser Billy Gibbon’s Beard e tra un “I’m tired of myself, tired of pissing through the same small hole” e “The president said we’d all be fine if we bend all over and take it up the behind” i capitalisti, quelli autentici, imbattibili e di successo, quelli che barano al gioco, che sanno applicare le vere e incoffessabili regole di competizioni, guardano dall’alto questi serie di sfigati senza una lira, Throw A Nickel altra ballata dannatamente intrigante, e c’è poco da sorridere come canta Adam Carroll nella deliziosa title-track mentre O’Connor sempre con la bottiglia tra le dita tracanna whiskey a ripetizione “all the liquor in your veins”, e sarà colpa della recessione ma in Bottle Down il sapore dell’alcol sale in fretta ad avvolgere vivi e morti, che tanto sono la stessa cosa, mentre Adam ricuce questa perla con l’amornica.
Un gioco di assurdità immerse nella recessione che ruotano su se stesse in un moto circolare senza fine, da Tired Of Myself a Sleepy Town chiudendo con un paio di omaggi-collaborazioni di lusso, la splendida Highway Prayer dello stesso Carroll cantata però da O’Connor, un tributo ai ‘road warriors’ contesi tra l’alienazione alle necessità della storia e la non-resistenza ai richiami della strada, un dovere morale verso i padri che l’hanno costruita e Gulf Coast Losers scritta con Gordy Quist della The Band of Heathens. Tra gioie e dolori c’è spazio solo per country, donne e whiskey, dalle fanciulle di New Orleans al bar vuoto di Galveston, la poetica di Adam Carrol & Michael O’Connor frequenta territori ambivalenti, sistemi morali apparentemente contrapposti, ma in realtà in possesso di affinità insospettabili.