JOE GRUSHECKY AND THE HOUSEROCKERS (East Carson Street )
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  Recensione del  01/04/2010
    

Nuovo disco di Joe Grushecky ma la vera sorpresa prima che nelle canzoni la si può ricercare nelle frasi che hanno anticipato la sua uscita: "I am personally on overkill with all the political stuff. I wanted to write about personal things this time." In East Carson Street insomma non troverete recessione, il nuovo corso di Obama, la guerra, nulla di tutto ciò, ma il resto? Ebbene ecco l’altra gradita sorpresa, credo nessuno potesse immaginarselo, ma in questa collezione di 13 canzoni mastica rock e periferia allo stesso livello dei primi dischi alla Springsteen (e il 'boss' non poteva mancare al suo fianco neanche stavolta!), come la compagnia anche dei suoi cari amici Bill Deasy e Big Kenny Alphin del duo Big & Rich.
Si respira fin dalle prime battute il clima di Pittsburgh, da Chasing Shadows (con quel solo di piano che fila diretto verso la E Street Band), la tosta e chitarristica It's Too Late (Can't Turn Back Now)fino alla meravigliosa rock ballad della title-track in cui ricostruisce scorci che rappresentano la città nella sua essenza di irrequieta metropoli urbana (in risposta anche a tutti coloro che gli hanno sempre chiesto, figlio compreso, “Why didn't you leave Pittsburgh? The song answers that question. It's my love letter to the city"). Tra felici intuizioni, deliziosa la solarità di Carried Away, Bruce compare nella splendida Another Thin Line a cui Joe dedica, scritta insieme negli anni ’90 ma suonata da Bruce con la E Street band nella sua reunion dal 2000 ma mai registrata, Grushecky allora gli ha chiesto di inciderla e “He agreed and also sings and plays some killer guitar on it. We recorded the band at Studio L and Bruce at his studio in New Jersey."
A parte il rimpasto di Just Like This (gia sentita) o l’omaggio alla moglie Lee Ann, gli Houserockers con l’aggiunta di un chitarrista, Danny Gochnour e il figlio di Joe, Johnny, danno sfoggio di un’anima rootsy con l’incantevole ballata di Broken Wheel, Joe Grushecky in compagnia di Bill Deasy prendendo spunto da un evento tragico, un incidente automobilistico, costruisce una ballata bilanciata perfettamente tra mandolini, lap steel e la telecaster di Bruce, l’impatto è forte come i ricordi di un’esistenza che si rivela improvvisamente parte di un movimento inerziale, casuale, che si colora dei contorni di un destino crudele.
Altra perla è la solida Always Knew, così East Carson Street torna a svilupparsi per balzi, ritorni all’indietro The Sun Is Going To Shine Again e This Is Someday, visioni sempre marchiate dal rock, è un raccontare greve, ieratico quando il piano è sbarazzino nella arcigna Satisfied lasciando solo in chiusura un leggero spiazzamento nel sintonizzatore di Down River, trascinando per pochi attimi East Carson Street in una zona indefinibile, dove farci credere e non credere (allo stesso tempo!) a quanto stiamo ascoltando. Poi il sinto scompare e resta la chitarra a far compagnia a una bella, dolce e malinconica melodia. Quando si arriva alla sessantina, tutto ciò che si fa al di fuori della pennichella pomeridiana per alcuni risulta sorprendente. Non per Joe Grushecky, il rocker di Pittsburgh!