RAY WYLIE HUBBARD (A.Enlightenment, B.Endarkenment…)
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  Recensione del  01/03/2010


    

Il periodo country anni ’90 era targato Lloyd Maines, nel decennio successivo il timone è passato nelle mani di Gurf Morlix ma il songwriter texano non ha mai smesso di rifiorire tra country, rock, roots e il blues dell’ultimo periodo, da Eternal and Lowdown, Growl e Snake Farm con nel mezzo la collezione di cover (la maggioranza) di Delirium Tremolos, Ray Wylie Hubbard va dritto per la sua strada in discesa agli inferi con quest’ultimo lavoro, A. Enlightenment, B. Endarkenment (Hint: There Is No C).
Non poteva scegliere titolo migliore, come lo stesso Hubbard spiega:“It’s kind of mysterious in a way. It can mean whatever anybody wants it to mean” ma anche la cover, con la spada in una mano e la sua testa nell’altra, da una visione del poeta persiano, Rumi, mancano solo le due monete sugli occhi, una per pagare pedaggio al traghettatore verso l’aldilà e l’altra a Muddy Waters per essersi calato nelle acque torbide del delta mississippi.
Dopo quattro anni torna in studio e con una grossa novità, la Bordello Records, nuova etichetta ma anche nuova produzione, tutta in famiglia, con la moglie e manager Judy ad affiancarlo insieme al figlio Lucas, alla lead guitar su due tracce del disco ma oramai entrato a far parte della live band del padre, il resto lo fanno i personaggi e le storie di ABC (tagliamo corto!) che lo descrivono da vicino calandosi dalla title-track a Pots and Pans, al gospel di Whoop and Hollar in zone misteriose, prive di luce e speranza, stilizzate e grottescamente deformate, disturbate, che riprendono il periodo della crescita tra la chiesa battista e cattolica nel sud dell’Oklahoma, ma in quel periodo visitava anche la fattoria dei nonni tra polli e maiali, e il mondo rurale di quegli anni ’50 sconvolto dal Tornado Ripe è fotografato con uno strascicato bluesy splendido, notturno ed inquietante come i riff elettrici che vanno a squarciare i silenzi anche dell’ipnotico slow-blues di Wasp’s Nest.
Un posto al loro fianco lo merita il roots&blues di Down Home Country Blues perchè questo terzetto è la fonte di ispirazione della sceneggiatura scritta dallo stesso Hubbard, The Last Rites of Ransom Pride, il ‘sanguinoso’ western che ha co-scritto con il regista Tiller Russell (film che ha trovato un distributore pre gli USA e tra le stelle figurano Dwight Yoakam e Kris Kristofferson).
Nel mezzo ci si infilano bagliori rock meravigliosi da Drunken Poet's Dream imbevuto di roots, armonica, rock e telecaster, un vero gioiello! Anche la stessa Loose ritornando al suo film nel finale con canzoni scritte durante la stesura della sceneggiatura, ma come dice lo stesso Hubbard non c’è nessun legame tra le due cose come per Opium: “But the only reason I would write a song called “Opium” is because of that; I don’t think I would just sit around and write a song like that just for myself, but there was a scene in the movie where they were smoking opium, so I thought, “Oh, I think I’ll write a song about this and put it in there.”
Scurissimi eventi biblici e mitologici per un immaginario che non prevede alcuna via di uscita che si affaccia sull’ascoltatore quasi come una fascinazione caravaggesca, Every Day is the Day of the Dead e Four Horsemen of the Apocalypse con la ballata elettro-acustica incantevole di Black Wings nel mezzo. Lampi di improvvisa genialità per un disco che non si vuol mai fermare. Neanche quando è giunto al traguardo. Capolavoro!!