Un trio molto interessante formato dal chitarrista Daniel Barrett, l’armonica di Simon Wallace e le percussioni di Mike Meadows direttamente da un incrocio di Boston, il punto di partenza della loro avventura, lì su un palco molto particolare, l’incrocio tra Porter Square e Davis Square, luoghi cardine delle prime ‘freddolose’ esibizioni. Si sono spostati poi al caldo di Austin nel 2004 dove hanno incontrato Simon Wallace e i
Porterdavis sono ufficialmente nati tra un blues strascicato imparentato col delta del mississippi ma anche ballate folk e R&B, con la benedizione di Ray Wylie Hubbard e sotto la supervisione dell’esperto Gurf Morlix (suona anche il basso e canta in
Take the Fall –l’altro ospite è Eliza Gilkyson nella bellezza acustica di
Carter’s Tune) dieci canzoni di rootsy-blues music, tra alti e bassi non certo nella qualità, ma nel passaggio tra momenti di bellezza, gioia e momenti introspettivi, di calma e riflessione.
Un paio di succolenti groove aprono i giochi, da
Smack You Back alla splendida lentezza di
Janie, ambedue hanno il sapore di un blues che trasferito nella tranquilla civiltà texana vive spensierato, ma continuando a curarsi di come e dove vanno i sentimenti. Non c’è bisogno di stare a parlare di purezza e di autenticità, quando suonano i Porterdavis non si pongono il problema. Vivono tra ballate che catturano la scena, nei versi di una struggente ballata come
Strange Way to Grieve “
Heaven help me when I think I’m not enough/Heaven help me when I think I am” o di una perla slow-bluesy come
Sunshine “
I learned my legs are made for walking, learned my eyes are made to smile, learned my arms are made to hold you, learned that quiet times are wise.”
Sempre l’armonica a farla da padrona come il blues ripiegato sulle emozioni di
Hey Now Jack, del R&B di
Take The Fall e il piacere non sfuma mai neanche quando alleggeriscono i contenuti in un brano come
Grass Growing On Concrete o nell’amore di una
That Way, ma dolcezza e ironia (“
I’m not saying you’re the prettiest face I’ve seen”) e melodie dotate sempre di un barlume di originalità fanno da collante, e in più giocano la carta Muddy Waters in chiusura con la bella versione di
Can't Be Satisfied. Parole e musica dei
Porterdavis che avvincono l’ascoltatore e lo seducono, non male per un esordio!