REDNECK JEDI (Road Runner)
Discografia border=Pelle

  

  Recensione del  01/03/2010
    

Lasciate perdere le etichette (Red Dirt, Americana, Country, Southern), non c’è molto da spiegare e da sapere, bastano le poche parole del leader Dennis Phillips: "What is Redneck Jedi? Just an ass-kicking party, with great fans and great tunes." Sbarazzarsi delle spiegazioni solo per rendersi conto con le proprie orecchie della grinta e il fervore texano di questa band formatasi nel 2003 ma che ha preso consistenza solo l’anno seguente con Black & White raggiungendo quota 5 album nel 2009 con questo Road Runner (ma con un sesto in cascina per la prossima estate con nel mezzo anche un live, Unplugged and Underground, registrato al Longhorn Cavern State Park e proprio dentro una ‘buca’!).
I Redneck Jedi –e sembrerà strano per alcuni- sono una rodata texas band che ama le sonorità molto cupe e chitarristiche, come l’impetuoso attacco di Edge che serve a spezzare il silenzio della interstate al passaggio di Road Runner in corsa verso -ma senza mai raggiungerla- la simbolica frontiera, quella messicana, accompagnandola con un suono ruvido adatto a tutti coloro in via di fuga da una società dei consumi che conosciamo bene, ma che cercano di abbandonare perché vittime del sistema stesso.
Scosse continue ma il paesaggio autorizza anche a tirare boccate di texas music melodica e sentimentale, dolcissima parentesi rootsy è I Believe e l’armonica che apre Electricity, pizzicata dal blues che illumina la nottata texana che torna a rivestirsi di scenari lugubri con la splendida title-track e si aprono spaccature dove i Redneck Jedi riversano smarrimento, cedimenti e un’aggressività che passa sopra ogni cosa anche a scapito di quelle più care, irruenza giocata su alti e bassi, più ‘morbida’ Lullaby e ogni volta che costeggiano il Mexico, il calore del Texas va a mischiarsi alle vedute di quei paesaggi sconfinati e arrivano piccole perle come Southern by Birth ma anche rockacci tra lo spensierato e il meditativo, Spice of Life e l’appassionata ricerca di intimità con un altra brusca schitarrata come Lose Myself.
La perdita di riferimenti vuol dire anche accorgersi delle inesattezze e degli sbagli di valutazione tanto da prenderne atto, avviando -con un'altra robusta dose di riff, quelli di So High-, un recupero auspicabile o azzardiamo un risarcimento critico, ma sempre col culo a terra, allora non resta che una bottiglia di Jack Daniels e un dolce sorriso a far da compagnia nell’ineducativo splendore di Crashing Down. Road Runner, antidoto efficace per le piccole stupidità e le grandi apocalissi quotidiane.