Il periodo universitario lascia il tempo che passa, ma il giovane
Cody Johnson in quel di Corpus Christi si è costruito una reputazione da countryman specialmente su di un palco, e non ha fatto breccia solo tra gli studenti perché si sa, per farsi capire nel mondo degli adulti è necessaria proprio la loro innocenza e poi il suono che è capace di farli regredire, eliminando gli schemi mentali dell’età matura, purificandone lo sguardo dai falsi sentimenti dettati dalla frenesia dell’opulenza con un mix interessante di country-rock e ballate introspettive, un lato acerbo da texano doc su cui puntare e un lato più commerciale da smussare, ma la stoffa c’è e anche il tempo.
Suona la chitarra fin da ragazzino nella casa di Huntsville, dove in un cassetto nasconde almeno un centinaio di canzoni scritte, per una famiglia di musicisti non è poi tanto (sulla carta, perché è toccato a Cody muovere il primo passettino per tentare di vivere della sua musica). Le acque le ha smosse a tal punto da convincere il padre a suonare il basso nel primo abbozzo di band nel 2006, in un progetto che ha portato alla luce un disco
Black & White Label ma mancava un solido chitarrista, così Matt Rogers ha chiarito definitivamente le prospettive della
Cody Johnson band.
Sotto la guida e l’esperienza di Keith Davis hanno registrato ad Austin questo esordio,
Six Strings One Dream, liberi di sbizzarrirsi, i ragazzi hanno arrangiato e improvvisato per giornate intere e Six Strings One Dream sa come farsi voler bene. Bella voce, melodia e ritmo li mette in piazza fin dal brioso inizio di
Another Try e con le gradevolissime
Pretend e
I'm Not Responsible, dove entrano in gioco anche Jeff Smith alla lead guitar e il violino di Chris Whitten, e sebbene la dialettica sentimentale non decolla poi tanto, l’inusitata sensibilità d’animo spinge in su la godibilità di
Six Strings One Dream.
Il piano iniziale di
No Tears In My Eyes affonda nel dolciastro ma Cody tra le lacrime trova il modo di colorarla da texano e il lavoro duro delle fattorie nel West Texas, il sudore e la forza di
Pray for Rain restituiscono un rock splendido tipico del Lone Star State bucolico (gran duetto tra violino e telecaster che infiamma il finale). Peccato per un paio di brani più nella norma, seppur ben arrangiate (
Finally Free,
Nobody To Blame,
Seeing The Light –senz’altro la migliore), perché il finale è bello pimpante, dal country vigoroso dell’ottima
Slam The Door con la partecipazione di Brison Bursey, al bel rock selvaggio di
Texas Kind of Way.
Cody Johnson seppur troppo dedito al sentimentalismo, riesce a conferire a
Six Strings One Dream accenti di giovanile freschezza e un ritmo brioso che fa sperare per il futuro.