BLUE RODEO (The Things We Left Behind)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  01/03/2010
    

Doppio cd, 16 canzoni -per i fans anche nel formato vinile-, “We’re really not the kind of band that does 20 songs and picks 12” dice Jim Caddy, leader dei canadesi Blue Rodeo, una volta countrymen convinti, poi il passare del tempo ha smussato i contorni del loro paesaggio rurale diventato sempre più urbano, pieno di luci e insegne metropolitane. The Things We Left Behind è un disco ambizioso, di tutt’altra pasta pensando all'ultimo Are you Ready più che al deludente Small Miracles, i Blue Rodeo al traguardo dei 25 anni di carriera, a sentire le novità sin dalla meditativa (!) title-track sembrano voler seguire la buona regola di non fasciarsi la testa prima di rompersela confermata via via da un discutibile miscuglio tra pop e ballatone insipide (One More Night, Waiting for the World o One light Left in Heaven e la pianistica Gossip) e ci si rende conto che oltre al sentimento, dietro l’angolo c’è bisogno di storie, fin qui senza grandi sussulti e grandi messaggi.
Tocca al rock di stampo radiofonico rendere più digeribile il cd1, dalla sfavillante Never look back, alla ventata rootsy della solare Sheba, andando indietro con gli anni con Million Miles e Don’t let the Darkness in your Head –che apre un cd2 a questo punto necessario- per mostrare il lato ‘ribelle’ di una band che non vuol morire, riabbracciando folk&rock e influenze country: ecco la slide dell’armoniosa Arizona Dust, una ballata come dio comanda ovvero In my Bones, passato e futuro, una compresenza impossibile come l’esistenza del secondo in assenza del primo, l’illusoria utopia di un rinnovamento del secondo nella cancellazione del primo, un brano che tira fuori dalla palude del primo cd i Blue Rodeo -confermata dalla piacevolezza di Candice e dal piano trascinante di Wasted.
Jim Caddy alla fine non emoziona quasi mai, stanca in alcuni passaggi ipnotici (You Said, And When You Wake Up fino alla conclusiva epica avventura dei 10 minuti di Venus Rising) tanto che The Things We Left Behind risulta alla fine troppo altalenante con simmetrie psicadeliche scontate e con poco mordente. Peccato.