DIVORCEES (Last of the Free Men)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  03/02/2010
    

La band di fuorilegge canadese dei The Divorcees cavalcando, sempre con ironia, gli stereotipi della country music arriva al secondo disco con la stessa formula che aveva contraddistinto il disco d’esordio: country vecchio e nuovo, rock, boots, tante chitarre elettrice e le pistole che sfoggiano anche nella bella copertina (ai texani l’arancione e il ‘capoccione’ ricorderanno i Longhorns, college football e purtroppo amarezza, dato che lo scorso mese si è visto sfilare dalle mani il titolo nazionale dalla fortezza di Alabama –bella squadra, ma con Vince Young sarebbe stata un’altra musica!).
Quella di Last of the Free Man non risente dei recenti cambi in corsa, ama Waylon Jennings e Johnny Cash, l’armonica di Brock Gallant va di pari passo alle chitarre di Alex Madsen e Danny Roy nella piacevole Letter on the Window, di grana grossa il country di Born Ready a costruire un paesaggio lontano da immagini di vallate in aperta campagna, dove il rumore dell’acqua si mischia al frinile delle cicale, la musica dei The Divorcees invece costruisce lo sfondo tra frequenze alte e basse della slide, armonizzate con mestiere nella deliziosa My '83 mentre le giornate scorrono tra alcohol e ballatone strappacuori, After the Storm is Gone -cantata con Angela Desveaux. Cowboy songs, frivole come i cambi di ritmo di The Boys, fiammeggianti come la spassosa Take Me Where My Boots Are Walking ma pronte a richiamare la solitudine di uomini ai margini del mondo, in adorazione di quella sindone privata che li rendono incapaci –come tutti i veri cowboy- di far parte della società, incantevole la struggente malinconia di When I Say, cinque minuti scarsi di pura bellezza (coretto laccato compreso!).
Ruspante anche il finale, tra le ombre della deliziosa e cashiana Mining Man il male soverchia il bene, il potere opprime, allora una bevuta aiuta a mandare giù il boccone amaro, God, Damn That Bottle, intrigante il duetto mandolino e slide della tosta Lights of Town, ma si sa i The Divorcees son restii a tirare il fiato, ed è una delle loro indubbie qualità, perché se da una parte non sprizzano certo di originalità, l’elettrico come in Shoot to Thrill, tiene sempre alto il godimento dell’intero Last of the Free Man (title-track compresa).