LL COOPER (Tucson)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  03/02/2010
    

Larry Cooper da Houston ha fatto incetta di premi nell’ultimo anno da Best Songwriter a Best Roots-Rock a Best New Act, Tucson non è il loro primo album, nel 2007 con Old Hardin Store Road la rotta desertica della band texana ha iniziato ad alzare la polvere degli smoky bars e nelle sensazioni di luoghi pieni di lirismo e ispirazione si è incamminato verso l’Arizona -desertica e polverosa come il Texas, e proprio sulla splendida title-track, Cooper precisa "I'm proud of this record, and especially proud of my band. Everyone reached down a little deeper for this one, which is what the spirit of Tucson is about. The title track was inspired by the front door on the guest house belonging to my good friend Rich Hopkins, who lives out there. It's painted all funky, with the words "Wheresoever you go, go with all your heart."
Un disco di roots & americana in cui la vita scorre sulle strade e nelle sue sfumature, tra schitarrate elettriche analizzano quanto possa essere breve la vita, del significato più profondo che la strada è capace di restituire, e l’idea di Tucson è semplicemente il motivo che ha smosso Cooper e moglie da una vita agiata, ‘fat and happy’ anche se non proprio tranquilla per la consorte dal punto della salute, ma dal deserto della metropoli, dalle wilderness di cemento che isolano ed espongono alla tentazione del male, si allontano e si perdono come El pinguino, lost in the desert dell’intro inziale, ballate introspettive molto suggestive come Snapshot con la seconda voce di Kim Hundl e la chitarra di Wil Woodward (meno l’orchestra nel finale!).
Dalle prime canzoni comunque affiora immediatamente l’impressiona di essere lontano da un bignamino di filosofia spicciola on the road, LL Cooper con roots elettrici corposi come Behind o la splendida Open guitar case, col sano country da dance-hall di Topsy Turvy dove il lentone di Pullman company man si balla con piacere, e di rockacci agresti spiritati come So, Stir it up e Swagggerin', staggerin il tutto da inaspettatamente luce ad un talento grezzo ma sicuro, persino una linea che, senza troppo enfatizzarla, potremmo definire da rodata rock band.
Di quelle che cercano di fare della musica un crocevia non solo di suoni diversi (il mexico-country style della piacevole Wearing your ring) ma anche di questioni sociali, senza dar luogo a sortite moralistiche ma restando con i piedi ben saldi nel sarcasmo -in questo caso tutto texano, con qualche chicca nel finale: una Punching out dove si aggiunge alla festa americana anche la sezione fiati, una perla che con Do this thing e l’acustica Hippie riviera chiude un disco convincente. Tucson se li è proprio meritati tutti quei premi!