JEREMY STEDING (A Damn Good Ride)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  02/01/2010
    

Jeremy Steding ci porta a scuola, quella del country! La storia inizia nell’aprile del 2007 quando dalla Florida sbarca ad Austin con il bell'esordio di Whiskey Songs and Prison Song, e dall’ascolto di quel disco si può intuire che non ha solo in testa, ma soprattutto nel cuore, una profonda ammirazione per i songwriter Texani di cui aspira a diventarne parte. Con A Damn Good Ride il solido rock della The Band of Bastards muta pelle e a sentire l’uno-due iniziale di Can't Slow Me Down e soprattutto della campestre-festaiola title-track che affonda nel country-bluegrass (i vocalizzi che spaziano tra ‘ratada’ e ancora ‘ratada’ si precano), si resta totalmente spiazzati!
Ma Jeremy Steding escogita un nuovo genere, riesce a mischiare l’alternative country e quel senso dello humor tutto texano agli stilemi classici di un Merle Haggard e Johnny Cash e alla fine A Damn Good Ride non è semplicemente un disco divertente, non è la solita giustificazione dell’intrattenimento fine a se stesso, ma il suo country mira a tutt’altro e non c’è nessun scricchiolio: prendiamo la deliziosa ballata di Let the Boys Drink Whiskey che di strampalato ha solo quel mondo in cui si ripongono forse troppe speranze, ma il motto di A Damn Good Ride è semplice semplice “Work Hard, Play Hard, and Enjoy the Ride!”.
Dalla verace e sagace The Day to Day, Today calandosi nella giornata di un lavoratore come tanti, alla danza con la speranza della splendida Auburn, quella alimentata dai sogni, il songwriter texano trova le giuste melodie e le poggia su pedal steel e sulla slide che attraversano la dolcezza di Can You Teach Me How To Dance fino a macchiarsi di Messico e Texas in un finale a dir poco splendido che inizia con l’aria border di South Texas Blues a One Way Ticket, con l’aggiunta di mandolino e armonica, fino alla frizzante The Sand Panther Medicine Show .
Lasciando manifestare alla ballatona A Long Drive Home, quella propensione al quieto vivere che aveva contraddistinto il suo esordio, ma Jeremy Steding mantenendosi ancora lontano dall’ordine delle cose riesce ad estrarre dal suo bagaglio di giovane songwriter un disco ipercalorico e coinvolgente, e obiettivamente bastano per accordargli simpatia e rispetto.