MARK STUART AND THE BASTARD SONS (Bend in the Road)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  02/01/2010
    

Tornano finalmente i Bastard Sons of Johnny Cash o meglio, inizia il nuovo capitolo nella vita musicale di Mark Stuart e dei fidi ‘bastardi’! Dopo Mile Markers del 2005 se ne sono andati in giro per il Texas dove hanno trascorso interi anni a suonare, liberandosi dell’ombra pesante di Johnny Cash, il suono è leggermente più rock che nel passato, costeggiano sempre Albuquerque e zone limitrofe, e pur restando attaccati alle influenze dei countrymen simpatizzano per il ‘roadhouse rock-blues’.
Aver abbandonato la California per trasferirsi ad Austin ha sicuramente giovato a Mark Stuart, anche per aver preso maggiormente confidenza per la vita di strada e il suo romanticismo, ma più di ogni altro il desiderio di cambiamento, che se non si avverte immediatamente per la scelta di aprire Bend in the Road con il celebre brano di Billy Joe Shaver, I’m Just an Old Chunk of Coal -un bel country ruspante, o nelle punte bluegrass della successiva Restless Ramblin’ Man -colma di violini e banjo, lo si avverte nelle parole scelte :“Never stayed long in any town/Never could hold a good job down/I’ve always been a restless, ramblin’ man.”
Parole che anticipano lo splendido rock alla texana di When Love Comes A Callin' e la trascinante e chitarristica Power Of A Woman, denotando che più del sociale e del politico, che restano sullo sfondo, il tratto più caratteristico che interessa a Mark Stuart è la condizione femminile, il rapporto con il nucleo famigliare, le tradizioni, proprio quelle della meravigliosa storia d’amore di Lonestar, Lovestruck Blues, i tempi si dilatano mentre si viaggia sotto i cieli texani, la fisa, il mandolino e l’aria di confine sospingono lontani i vari clichés per costruire una ballata strappacuori piena di desiderio, di sguardi, verso la bellezza che è donna e quindi sfugge lasciando nella coda dell’occhio solo il cielo e il panorama mozzafiato del Lonestar State, e non lo abbandonano a sentire i ‘bastardi’ nel roots-country splendido di Gone Like A Raven.
L’aria nuova si sente in Seven Miles to Memphis, in Everything’s Goin’ My Way, in Way Down The Road e vien da pensare che tutto sommato le novità rendono Bend in the Road un disco pieno di canzoni divertenti e struggenti, di quelli in cui bisogna lasciarsi andare, che ti avvolgono in una sarabanda di musica e colori come nel finale, dalla schitarrata di Fireflies alla voglia di scappare del delizioso country-rock di Best Thing, alla commovente malinconia di Carolina. Ma alla fine l’ordine non importa: Bend in the Road comunque lo shakerate, avrà sempre un bel sapore (da lasciare increduli!)