DRIVIN N CRYIN (The Great American Bubble Factory)
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  Recensione del  02/01/2010
    

Dopo dodici anni di assenza la splendida ruvidezza di Detroit City mette in chiaro che Kevn Kinney ha avuto ragione a riunire la famosa band di Atlanta dei Drivin n Cryin. Sembra arrivare dal loro esordio del 1997, e proprio da Detroit inizia il viaggio di The Great American Bubble Factory, dal mercato dell’auto che chiude i battenti e sull’economia che cala a picco, tanto grave da riempire per metà il disco, ma non è una novità il loro sguardo polemico sulla cultura e sulla società americana, un po’ meno l’alternanza di suoni tra folk, rock, americana e l’hard rock di band come i lontani Ramones, ma dopotutto la piacevole sorpresa è constatare che la band è in piena evoluzione, sentite la sezione fiati che parte dal Midwest della deliziosa title-track spingendosi nel profondo sud fino a quella perla di I See Georgia, un’on the road dove è proprio la musica a portarti a casa, suono solidissimo e chitarristico, intagliato nella malinconia, dove vita reale e sogno tendono a mescolarsi, poco sentimentale e crudelmente umano, l’economia della intensa rock ballad di Midwestern Blues annulla il semplice piacere della musica per cogliere la condizione di ineffabile e inconciliabile ambiguità della condizione sociale.
Cupissime Trainwreck, Get Around Kid, The Hardest Part, Preapproved Predenied e Let Me Down ma il refrain svela le passioni che agitano i cuori di uomini che non possono ingannarsi sui loro sentimenti musicali "Pick up a guitar. It's the American way” canta Kivney in I Stand Tall, sogni di rock n’ roll e di salvezza, ma non solo a sentire Don’t You Know That I Know That You Know, gran lavoro al mandolino di Tim Nielsen (l’unico sopravvissuto della line-up originale insieme a Kinney, il resto consiste nel chitarrista Mac Carter e il batterista Dave V. Johnson) dove l’ultimo periodo dello stesso Kinney, più propenso al folk, viene alla luce come nella conclusione incantevole di This Town che non cade nella trappola dell’idillio, la città è il paradiso del dominio, del disordine e della speculazione, c’è chi ne approfitta per arricchirsi in modo spropositato mentre la città muore lasciando a piedi i suoi abitanti, costretti a cercarsi un altro posto in cui vivere. Ti fanno perdere il lavoro e poi ti tolgono tutto, dignità e sonno! Delizioso ancora una volta il banjo, una ballata struggente, una grande band, i Drivin n Cryin !