Dopo il positivo ma forse un po’ troppo sottotono
Silver Mountain, i
Deadstring Brothers sempre innamorati degli Stones riducono le pause contemplative e sebbene restino affezionati allo stralunato elogio della lentezza, almeno hanno la felice intuizione di accostergli la fisa e il profondo roots elettro-acustico cosicchè
Sao Paulo, sebbene il titolo possa far intendere un radicale cambio di rotta, resta nella provincia industriale americana e fa sì che la band di Detroit continui a procedere -alla faccia delle etichette di cover band, a testa alta anche al quinto disco, anzi questa volta se lo meritano essendo
Sao Paulo tra i più convincenti del sestetto dei Deadstring Brothers.
Marito e moglie, Kurt Marschke e Marsha Marjieh, cantano sempre con lo stesso trasporto il rock n’ roll d’un tempo, di dischi che ancora venerano e maneggiano con cura come se stessero toccando sacre reliquie che forse sopravviveranno nei secoli, aggiungendo qualche guizzo di originalità, aria di confine velata dal country -come piace a noialtri-, rootsy come nel prezioso intro della invitante title-track, voce strascicata anche quando il rock entra in scena, con un forte impatto e una notevole suggestione stilistica anche per la commistione fra vero e falso che sfocia dalle loro canzoni, come nella deliziosa
Smile dove non è certo la ricchezza a dare la felicità, quella cambia solo le persone -pensieri per moralisti, sociologi ed economisti, non per l’on the road dal Texas ad Hollywood, tra riff e un bel sorriso come compagnia, di quelli che bastano a rendere felici.
Lungo il Lone Star State allora si fa tappa ad Houston, sempre bella tosta e trascinante con il piano che lavora per dare una bella immagine del movimento e
Can’t Make It Through the Night, sebbene un po’ ripetitiva, sa farsi valere ma avallando le tesi di coloro che imputano ai
Deadtring Brothers di non aver mai avuto la stoffa di autentica rock band ma solo di abili e versatili musicisti, di quelli che al momento giusto, in presenza di circostanze favorevoli ripescando stilemi classici di buone canzoni, son capaci di realizzare un disco solido e di qualità.
Quella di
Sao Paulo, di ballate rootsy come la splendida
Adalee macchiata dalla fisa, protagonista anche del country notturno di
Yesterday’s Style o la dolcezza di
The same old rule, rivalutano il lato deboluccio dei Deadstring Brothers come autori in grado di osservare le cose e riflettere sulle varianti di un suono classico ma di saperlo elaborare senza fatica, come nella conclusiva piacevolezza di
Always a friend of mine e nelle muscolari
The river song e la splendida
It's a shame, a constatare come e cosa si deve fare per imbastire un sano disco di rock.