Sembra che lo faccia di proposito
Michael Ubaldini, prendere o lasciare. Dismessi gli abiti da folksinger malinconico, voce e chitarra, degli ultimi suoi dischi con questo sesto lavoro,
Portable Record Player almeno l’abbiocco è scongiurato! Non c’è spazio per il compromesso e dopo un paio di canzoni (
The Final Curtain e
Memories of Belgium) l’ascoltatore resta rapito o tediato, ma almeno stavolta non si soccombe per la noia e quel rinfrescare il suono di vecchi vinili, quel rock’ n’ roll nostalgico di tempi passati dopotutto lo rendono un simpatico tuffo nel suono stradaiolo inizi anni ’80, una copia sgualcita di un giovane John Mellencamp che mira in alto usando le sue armi canoniche per far esplodere ogni apparenza, per condurci nei meandri di una lucida analisi sociale con un’ironia a tratti nera e contro il perbenismo moralistico.
La monetina scivola nel juke-box e il viaggio continua per diciassette brani tra rock, pop e schitarrate, "
I was kind of marrying Americana with '60s garage rock and harmony groups," dice Ubaldini, "
It's the kind of record I always wanted to make. I've been carrying it around in my head a few years”, a tratti davvero irresistibile dalla splendida
Sweet Debbie Jean a
Scandal, la prima canzone registrata per
Portable Record Player che negli States ha avuto l’onore del passaggio in tv, alle vibranti
Not a Heart Left to Steal,
Got Money On Ya,
Shouldn't a Hurt Me So Bad, al gioiellino di
Austin Texas Overnight for a Year e l’aria del Lone Star State porta bene anche alla slide e all’aria agreste leggera di
Beautiful and Bleary Eyed.
Ma anche se quell'energia che sembrava incontenibile si sgonfia, e neanche troppo lentamente, a dire il vero in
Behind the Wall of Stone, come per
Chimes of Love, la sezione archi e la slide funzionano alla grande come la dolcezza dei riff di
Bed of Despair (e solo per quelli, ahimè!) o nella deliziosa ballata di
Slowly Slipping Away. Certo i coretti che accompagnano
Faces All Over Town sono stucchevoli, leziosi anche se non riescono a ingabbiarlo poi tanto, come accade in
Sacred Truth o in
Bad Habits, ma anche il cambio di ritmo non sempre riesce a coprire a dovere quei siparietti (tipo ‘pa pa pa’) a dir poco irritanti.
Con l’amarcord jazzy di
Apple Blossom Gal si chiude
Portable Record Player, un disco che rappresenta la sincerità artistica di
Michael Ubaldini e anche quando canta guardando al passato riesce a farlo rivivere senza sconti, abbellimenti, pietismi o troppe nostalgie. Solo rock’ n roll, e stavolta può bastare.