LUCKY TUBB & THE MODERN DAY TROUBADOURS (Damn The Luck)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  12/10/2008
    

Sarà pur ridotto male il camioncino raffigurato nella cover del nuovo disco di Lucky Tubb, ma quello che interessa è il portabagagli pieno zeppo di immagini, musica, ricordi in bianco e nero che arrivano direttamente dagli anni ’50, periodo durante il quale la famiglia Tubb attraversava il Texas tra smoking-bars polverosi dove l’honky tonk girava sempre a pieno ritmo, luoghi per romantici sognatori immersi nel whiskey, ma genuini come la strumentazione della bar-room band dei The Modern Day Troubadours.
Un disco dell’intera famiglia Tubb, lo zio Douglas ha scritto tre delle undici canzoni dell’album tra il 1952 e il 1956, a cui si aggiunge l’altro zio Ronnie Wade con un brano dal 1957 fino alla penna dello stesso Lucky con altre sei, ma che si rifanno a quegli anni. Amanti della steel guitar, del mandolino, dei violini che non lacrimano mai, della fender telecaster, Damn The Luck vi piacerà e non dispiacerebbe nemmeno al legendario honky tonk man, Ernest Tubb, capace di infilare 82 hits in un periodo tra il 1944 e il 1979, texano doc che Nashville guardava da lontano, proprio come Lucky Tubb, annoverabile alla scuola di Wayne Hancock -ma senza le amate trombe-, al ribelle Hank III, e come loro sempre sulle strade della piccola provincia americana a raccontare storie di vita complicata e molto personali.
Damn The Luck è il secondo disco, segue a distanza di sei anni Generations, voluto e registrato in una sola sessione live in studio dove non solo le cover illuminano il disco ma soprattutto non c’è melassa e tenere canzoni d’amore, perchè Lucky Tubb resta dietro al bancone colmo di bottiglie di whiskey con in mano la steel guitar a cantare. Country veraci da Used Up Love a Keepin' Time, Annie Don't Work No More, alla galera della godibile Huntsville, basata in parte sul periodo trascorso a scontare annoi di recupero in istituti correttivi per possesso di marijuana, è una sorta di lettera dalla ‘prigione’ dove “some Mexican wants to make me his wife – but I don’t think so” ritornato poi ad indossare i suoi amati cowboy boots, rimettendosi in viaggio verso l’adorabile Bakersfield con Natalie Page Monson voce e violino, e la lead guitar di Jericho Renshaw.
Country molto tradizionale, classico fino al midollo non sempre facile da digerire, Takin' it Back, The World is a Monster, It's Your Wagon ma grazie al lato texano Damn The Luck resta godibilissimo, ballatone come Sweet Mental Revenge, Honky Tonkin' e quella perla finale di Damn the Luck fanno intendere che anche se non hanno nulla a che fare con la musica di oggi, la misura di questa distanza non interessa più di tanto a Lucky Tubb and Friends, e nemmeno a noialtri.