Nato e cresciuto a Emory, Texas,
Ryan Beaver è uno di quei ragazzi con la testa sulle spalle, capace di saperle voltare al momento giusto ad una società organizzata (e non si capisce chi la stia organizzando!) in modo tale che la gente invece di avere il tempo per vivere, deve avere il tempo solo per andare a lavorare o per cercare un lavoro o peggio per curarsi perché il lavoro l’ha distrutta! Alla faccia dei soldi il texano lascia il suo lavoro in banca e prova a vivere il suo sogno musicale.
Lo prendono a cuore Lloyd Maines e David Grissom, così la vita di
Under The Neons, il suo debutto discografico, si rileva essere piena di sorprese e sotto i cieli del sud si mette a cantare “…
finding a place where you finally feel you belong” un grintoso rock fedele al vangelo del Lonestar State, quello di
South Texas Skyline e sulla strada di casa,
Streets Of Austin, aggiunge la fisa all’elettrico per un altro brano a dir poco splendido, coi suoi locali invitanti, piene di buona musica, belle ragazze e il cielo blu: uno spot anti-globalizzazione che piace.
Mancano i violini, eccoli allora tra la telecaster di
Too Tall Jimmy, la storia di un country boy -altro che gente trasparente e senza un obiettivo, ma con un luogo da raggiungere e un luogo dove tornare-, e un pizzico di amore, quello che stringe il cuore in
I Though I Knew, pimpante seppur sempliciotto invece quello di
I Shoulda Kissed You, ma senza melassa e si ascolta con piacere.
La grinta da vendere resta l’arma vincente di
Under the Neons, energia vitale dalle deliziose
Hellbound,
Two Words Shy Of Lonely e
You Talk About It, classico stampo texano tra slide, roots e violini mai domi, e anche se a volte è sintonizzato sulle frequenze radiofoniche,
Whatever The Night May Bring e
Call Me, il ragazzo resta ruspante e promette scintille sul palco, splendida
Sing-A-Long Country Song chiudendo con l’incantevole title-track. La musica di
Under the Neons è in continuo mutamento, esposto a strade e derive, possibili e contrarie ma la stoffa di
Ryan Beaver è una certezza.