BAND OF HEATHENS (One Foot in the Ether)
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  Recensione del  02/12/2009
    

La The Band of Heathens con estrema leggerezza e freschezza continua ad incidere bei dischi, il loro sguardo rivolto alle piccole cose del quotidiano adottando qua e là, blues, rock, soul&funky o country, funziona sempre anche se non è tutto slide come nei live dei primi dischi, il quintetto di Austin tra lo spirituale e il sociale, non disdegna i personaggi pittoreschi e simpaticamente matti come descrivono nella splendida traccia iniziale, tutta cuore e chitarre, di L. A. County Blues che sembra possedere lo spirito libero del rock e del country, territorio ideale per narrare la controversa storia del giornalista e scrittore statunitense Hunter S. Thompson, per tutti Dr. Gonzo.
Allucinatori ‘on the road trip’ di andata e ritorno per l’inferno, a base di alcohol e droghe varie che hanno ispirato il film di Terry Gilliam, Paura e delirio a Las Vegas con Johnny Depp nella parte di Thompson, morto poi suicida mentre era al telefono con la moglie (?? versione del governo americano ??) ma in realtà assassinato per le sue inchieste post 11 settembre. Belle canzoni scritte per essere cantate e ballate, come Talking Out Loud o Say più R&B ma dannatamente avvolgente: “Say what you want to say/do what you want to do/go your own way/ I'll be going mine too” a dimostrare la particolarità di questa band e delle tre voci, Ed Jurdi, Gordy Quist e Colin Brooks che si incrociano dolcemente in Right Here With Me e nel gospel, da Shine A Light alla torbida perla bluesy di Golden Calf, dove Brooks è incalzato dagli altri due.
Biblica è la ballata toccante di Let Your Heart Not Be Troubled, direttamente dal versetto Giovanni 14:1, un messaggio sull’amore che si può donare agli altri, ma non c’è sempre un clima celestiale in One Foot in the Ether, ma anche una consapevolezza sociale nella ballata di What’s This World (i soldi non rovinano solo l’anima del quotidiano) ai sei minuti conclusivi di Hey Rider, su un pianeta che mostra i suoi acciacchi non tutto sembra essere perduto, un po’ di ottimismo negli ultimi versi viene alla luce.
Il mix tra funky e blues riesce bene, a sentire la piacevole You’re Gonna Miss Me e l’aria di New Orleans che si respira in quel piano boogie woogie o come per Let Somebody Tell the Truth, che si rifà direttamente a Sylvester Stewart, 'Sly Stone', paladino del funk e psicadelia anni sessanta e settanta, rispecchia il clima festaiolo che la The Band of Heathens riesce a creare dal vivo ed alla fine segna il valore aggiunto di One Foot in the Ether che ha una sola cover, di Gillian Welch, la luminosa Look at Miss Ohio.
Insomma un ennesimo piacevole disco, con ogni cosa al suo posto e chissà perché, ma sembra già tanto, oggigiorno.